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scheda di Bertini, M., L'Indice 1998, n. 5
Mi pare che il legame tra Baudelaire e Parigi - così centrale nell'interpretazione di Walter Benjamin e nelle pagine critiche di Giovanni Macchia - si sia imposto all'attenzione dei lettori con particolare forza negli ultimi decenni. Questo spiega forse la recente fortuna editoriale dei "petits poèmes en prose" che compongono "Lo Spleen di Parigi", tradotti nel 1989 per Garzanti da un critico come Alfonso Berardinelli e nel 1992 per Feltrinelli da un filosofo come Franco Rella. La traduzione del poeta Gianni D'Elia non è accompagnata, a differenza delle precedenti, da un saggio interpretativo: vive tutta del proprio linguaggio attualizzato con misura, della propria ineguagliata felicità ritmica, del gusto sicurissimo che governa le scelte lessicali e i mutamenti di registro. Leggiamo qualche riga dal "Crepuscolo della sera": "O notte! o rinfrescanti tenebre! siete per me il segnale d'una festa interiore, voi la vera liberazione da ogni angoscia! Nella solitudine delle pianure, nei labirinti di pietra d'una capitale, che sia l'allucciolio delle stelle o l'esplosione delle luci, eccolo il fuoco d'artificio della divina Libertà!". Un vero peccato che l'assenza del francese a fronte non consenta al lettore un confronto continuo da cui la traduzione uscirebbe valorizzata. Una bella e ampia postfazione in versi "ripassa alla moviola" tutti i personaggi e gli scenari della raccolta, riflettendo in rima sulla modernità baudelairiana e sulle sue laceranti contraddizioni.
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