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"Né una vera e propria biografia né una vera e propria cronaca": nella prefazione l'autrice sembra quasi scusarsi della natura ibrida di questo libro, vincitore del premio Somerset Maugham. In realtà, il successo è dovuto proprio alle molte anime di questa godibilissima narrazione sugli antenati dell'autore di L'isola del tesoro, ingegneri civili e costruttori di fari dalla fine del Settecento. The Lighthouse Stevensons è la storia di un'ingegneria ancora in fieri, fatta di pionieri come gli Stevenson che in un secolo e mezzo innalzeranno "i 97 fari che tuttora costellano le coste della Scozia". Racconta della grande sfida contro una natura ostile che nel 1800 causava un naufragio al giorno, e grazie alla quale i villaggi costieri vivevano del saccheggio dei relitti senza esitare a uccidere ogni superstite; di operai che per settimane rimanevano ostaggi di paurose burrasche su scogliere in mare aperto, ma che riuscirono a costruire monumenti all'ingegno umano come il faro di Skerryvore, lontano 12 miglia dalle coste e "descritto come il faro più bello del mondo (
) Le asperità della scogliera si attagliano così bene all'opera in muratura ch'è difficile determinare dove finisce l'opera della natura ed inizia l'opera dell'uomo. (
) Da lontano sembrerebbe l'ultimo rimasuglio di una foresta pietrificata." Analogamente, il libro è un perfetto amalgama di descrizioni tecniche e narrazioni biografiche dei vari Stevenson, ognuno con le proprie passioni e idiosincrasie. Lasciano il segno anche le ricostruzioni d'ambiente della Scozia in quelle epoche cruciali: la travagliata anglicizzazione; l'Illuminismo e l'"Epoca del Miglioramento" con il loro sviluppo, ma anche il controverso addomesticamento delle Highlands; la modernizzazione e lo squallore di Edimburgo. L'ascesa di Robert Louis, ribelle al suo destino di ingegnere ma allo stesso tempo cantore della dinastia, e le atmosfere dei suoi capolavori non sono dunque che uno dei tanti aspetti della ricchezza di questo volume. Né il buon numero di refusi, né una traduzione con un gusto eccessivo (talvolta fuorviante) per il lessico desueto riescono a intaccare il piacere della lettura.
Pietro Deandrea
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