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Un neorealismo spietato quello che riesce a ricostruire questo autore, un fumetto contorto e crudo, non per tutti. Questa lettura per me è stato un viaggio nei più remoti angoli dell'animo umano, dove risiedono le perversioni più strane e le paure più conturbanti. Il genio di Tsuge sta proprio nel raccontare questo, anche perché egli è parte integrante di questi personaggi e queste storie posso essere considerate frammenti della sua autobiografia. Consigliato a tutti coloro che amano tuffarsi e rispecchiarsi in racconti dove il protagonista non sempre vince nella vita, ma che deve anche saper accettare la dura realtà.
Le storie della maturità di Tsuge Yoshiharu, scelte e pubblicate dagli audaci tipi della Canicola, sono assai migliori dei racconti acerbi e datati delle Edizioni Oblomov. Quest'ultimo tassello imprescindibile va ad unirsi ai grandiosi volumi de "L'uomo senza talento" e de "Il giovane Yoshio", pubblicati durante gli ultimi anni dall'editore forse più audace con cui i lettori nostrani abbiano avuto la fortuna di imbattersi. "La stanza silenziosa", composto da ben sette racconti gekiga, sottogenere di manga underground che indica quel tipo di fumetto realistico e drammatico, merita in assoluto di essere recuperato, in quanto comprende le ultime storie pubblicate dall'autore prima di ritirarsi a vita privata. Sono storie drammatiche che attingono dalle memorie stesse dell'autore, durante il periodo in cui aveva iniziato a convivere con sua moglie, sopravvivendo a stento di illustrazioni e racconti. I racconti, graficamente eccelsi,sono impregnati di un'atmosfera talmente intensa da cui non si vorrebbe mai uscire, come descrive Francesco Boille tra le pagine di Internazionale, nel suggerire questo tomo ai lettori.
Canicola conclude la trilogia della maturità artistica di Yoshiharu Tsuge con uno dei lavori più intimi e nichilisti dell'autore. Mai come ne La stanza silenziosa, probabilmente, si avvertono quel drammatico ultrarealismo e quella rassegnazione al male di vivere che hanno caratterizzato la produzione del maggiore dei fratelli Tsuge nell'ultima fase della sua carriera. Basti pensare che il volume, dalle forti tinte autobiografiche, si conclude con il tentato suicidio del feticcio dell'autore (fatto peraltro realmente accaduto): una sequenza assolutamente disperata, confusa, che vive soprattutto di ricordi offuscati e di sensazioni emozionali a scapito di qualunque altro tipo di lettura. Una sorta di testamento artistico, uno dei picchi più alti mai raggiunti dal movimento gekiga.
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