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Anno edizione: 2015
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Un libro che è un resoconto delle esperienze di vita del protagonista, Domenico ex giornalista e poi PR, e allo stesso tempo è un'analisi impietosa di quelli che son stati vizi e virtù dell'Italia dagli anni 70 fino al 2011. Il titolo è emblematico, perché secondo l'autore il male peggiore dell'Italia di questi anni è stato il lassismo, l'imbambolamento e l'incapacità di prendersi le proprie responsabilità; per riassumere: la mancanza di coraggio.Lo stato di ebbrezza, questo titolo che io ho trovato meraviglioso, significa proprio l’imbambolamento e la pietrificazione di un paese davanti alle proprie responsabilità, perché il problema vero secondo l’autore non è la corruzione, ma il coraggio. Ebbrezza perché il sogno dell’incanto è ormai finito ed è finito pure il tempo dell’essere ubriachi, ebbri, sfatti di bugie e di promesse illusorie, questo sarebbe il momento della responsabilità e della controtendenza, ma potrebbe essere anche tardi per un popolo che si è lasciato ingolosire, corrompere, abbagliare per anni ed anni inutilmente. Ne esce un ritratto vero e per questo amaro e sconvolgente della situazione attuale del nostro paese.
Un viaggio nell'incubo che ha prodotto la devastazione economica e morale dell'Italia negli anni '80. Chi come me c'era ritrova tutti i nomi e gli eventi che hanno ridotto la società italiana a macerie. Quasi un'analisi scientifica del fenomeno di disgregazione della politica verso il malaffare portata avanti con apprezzabile obiettività - infatti non si salva nessuno. Questo volume andrebbe utilizzato come lettura nelle scuole superiori, così da essere spunto di riflessione, indignazione verso chi ha cavalcato questi fenomeni ed ancora non ne ha pagato le colpe ed infine vaccinazione contro ricadute sempre in agguato.
Rivisitazione della storia socio-politica italiana dalla metà degli anni '70 dello scorso secolo al 2010. Particolarmente convincente la prima parte (Craxismo e Prima Repubblica). Meno appassionante la seconda (Seconda Repubblica, Berlusconi ...), quando diventa una sorta di Bignami di storia contemporanea, quasi perdendo la forma e il carattere di romanzo. Comunque Varesi è uno scrittore vero: brillante, appassionante, mai banale. Pur con qualche perplessità un libro da non mancare.
Recensioni
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“Alla fine della baldoria c’era nell’aria un silenzio strano
Qualcuno ragliava con meno boria e qualcun altro grugniva piano
alle sfilate degli stilisti si trasgrediva con meno allegria
ed in quei visi sazi e stravisti pulsava un’ombra di malattia.
Un artigiano di scoop forzati scrisse che Weimer già si scorgeva
e fra biscotti sponsorizzati videro un anchorman che piangeva.
E poi la nebbia discese a banchi ed il barometro segnò tempesta
ci risvegliammo più vecchi e stanchi, amaro in bocca, cerchio alla testa” .
Questi versi sono tratti dalla canzone di Francesco Guccini “Nostra signora dell’ipocrisia”, scritta nel 1994: mi è venuta in mente quasi subito leggendo i primi capitoli de “Lo stato di ebbrezza” di Valerio Varesi e mi ha ricordato come già allora ci fosse chi era consapevole della deriva ormai iniziata.
L’autore continua la sua personale indagine sull’Italia del dopoguerra e arriva al terzo capitolo, dopo aver pubblicato “Il rivoluzionario” e “La sentenza”. Per coloro che hanno vissuto la storia del nostro paese in questi ultimi trent’anni con un minimo di spirito critico questo libro rappresenterà l’occasione per ripercorrere fatti noti, talvolta dimenticati e singoli episodi che hanno sgretolato etica e illusioni.
“L’Italia s’inabissava e nessuno sembrava preoccuparsene”: così si può sintetizzare l’essenza degli anni Ottanta secondo il protagonista Domenico Nanni. Giornalista nella redazione di “Avvenire”, conosce la compagna Susanna durante i soccorsi ai feriti della strage di Bologna e anche grazie all’intraprendenza e disinvoltura di lei diventa pierre e cavalca l’Italia di quegli anni, interpretando appieno l’edonismo reaganiano allora di moda e sfruttando conoscenze appoggi politici e finanziamenti che piovono da ogni dove. Intanto il debito pubblico cresce, dovunque si cementifica, i valori che hanno animato i decenni precedenti si sfaldano e molti esponenti della sinistra si convertono ai piaceri del capitalismo.
E’ uno sfogo lungo un romanzo quello di Varesi, che ritiene si sia ormai passati in Italia dalla commedia alla farsa e con un sarcasmo crescente accompagna i fatti salienti di quegli anni con uno stile da pamphlet ispirato al “Viaggio al termine della notte” di Céline.
Personalmente alcuni capitoli mi hanno provocato un senso di vera nausea, costringendomi a interrompere la lettura per smaltire la “sbornia”, che viene descritta e rappresentata anche stilisticamente. D’altra parte, “dovesse rimanere un fotogramma di quegli anni Ottanta sarebbe di gente che beve” (pag. 62).
Parliamo dell’Italia in cui abbiamo vissuto, quando qualcuno si rendeva conto che stavamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità e abbaiava alla luna, qualcuno fingeva di non rendersene conto e la grande massa ignara sperperava senza ritegno.
La politica deteriore, dall’ascesa dei socialisti che tenevano in pungo il pentapartito al processo a Berlusconi per il caso Ruby, ha gestito l’Italia. D’altronde “c’era chi aveva capito al volo che cosa servisse per governare gli italiani: un buon piazzista se li sarebbe tirati dietro tutti”.
Un libro da leggere, per indignarsi innanzitutto con noi stessi.
Recensione di Barbara Bottazzi
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