Vi sono figure sul palcoscenico della scienza dotate di una tale multiforme esuberanza che difficilmente può essere recintata in una biografia. È il caso di Stephen J. Gould, il grande paleontologo di Harvard scomparso, troppo giovane, nel maggio del 2002. A dieci anni dalla scomparsa, Alessandro Ottaviani, dottore di ricerca in filosofia e storia delle idee presso l'Università di Catania, si è assunto l'arduo compito di delineare la biografia intellettuale e umana di Gould in poco più di duecento pagine. Il tentativo è riuscito, anche grazie a una buona penna e a pregevoli capacità di sintesi, e il libro può essere un valido strumento per avvicinarsi la prima volta a questo prolifico scrittore di scienza, ma anche storico del pensiero biologico, pensatore radicale (come lo descrivono Richard Lewontin e Richard Levins in un emozionante ricordo del 2002 su "Monthly Review", qui tradotto da Ottaviani in appendice), valente corista, fan del baseball, collezionista di libri antichi. Pochi come Gould hanno sofferto del cosiddetto "effetto Sagan", il pregiudizio malevolo che colpisce i ricercatori impegnati nella comunicazione e nella divulgazione della scienza, come se lo scriver bene andasse a diretto detrimento della qualità del proprio lavoro specialistico. Se invece analizziamo la produzione complessiva di Gould, come ha fatto Michael Shermer scandagliando le sue più di ottocento pubblicazioni, scopriamo che più di centocinquanta sono articoli apparsi in riviste con peer review e molti altri hanno influenzato profondamente i dibattiti evoluzionistici anche in campi che non erano di stretta competenza di Gould (uno per tutti, la paleoantropologia, con la sua battaglia contro il paradigma della "scala del progresso"). Ottaviani restituisce efficacemente le nervature fondamentali dell'eredità scientifica gouldiana (dalla teoria degli equilibri punteggiati con Niles Eldredge alla nascita della paleobiologia, dalla nozione di exaptation ai lavori sui vincoli strutturali e di sviluppo), anche se in molti passaggi importanti è costretto a sorvolare per ragioni di spazio. Collega l'idea di scienza difesa da Gould (un'impresa collettiva, socialmente situata, ma capace di accumulare conoscenze oggettive sul mondo) alle sue raffinate indagini storiche, volte a svelare i lati meno noti della scoperta scientifica, i personaggi marginalizzati, quei "cattivi della storia" che poi così cattivi non sono mai. Molto spazio è dedicato alle pepate controversie che videro Gould protagonista: contro le "storie proprio così" dell'adattazionismo, contro la sociobiologia e il suo determinismo biologico, contro il riduzionismo genetico di Richard Dawkins, contro l'ultradarwinismo di Daniel Dennett e altri. Qui l'autore lascia trapelare qualche eccesso di simpatia e i nemici di Gould escono tutti un po' malconci. Sarebbe stato utile ricordare anche i casi in cui le provocazioni e le proposte dell'evoluzionista newyorkese non andarono a segno o furono poi ridimensionate, ma il quadro generale dipinto da Ottaviani è corretto, con il fulcro dell'eredità gouldiana ben impiantato nella dualità fra contingenza storica e strutture interne. A Gould va dato il grande merito, ancora oggi sottovalutato, di aver riconosciuto meglio e prima di altri gli irrigidimenti teorici della teoria evoluzionistica novecentesca e la necessità di una sua revisione ed estensione all'insegna di un rinnovato "pluralismo darwiniano". Un radicale sì, ma riformista. Telmo Pievani
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