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Se il rilancio della storia nazionale può apparire ai cultori della World History un anacronismo, secondo Di Rienzo solleciterebbe la riappropriazione dell'identità del nostro paese e la rinascita di un autentico liberalismo. Per queste ragioni, va alla ricerca del momento in cui un simile progetto prese corpo, individuandolo in quel torno d'anni che, fra prima e seconda guerra mondiale, vide fiorire varie iniziative editoriali, promosse in prima persona o indirettamente da Gioacchino Volpe. Dopo un primo tentativo di Prezzolini, sarà la Grande guerra a rendere cogente la necessità di una storia nazionale, che accanto ai grandi movimenti sociali, economici, giuridici, tenesse conto dei flussi migratori e dell'evolversi delle mentalità. Così, dopo il fallimento dell'Ufficio storiografico della mobilitazione e del Comitato per l'"Esame Nazionale", Volpe propose a Zanichelli la collana "Storia d'Italia in collaborazione" le cui linee-guida, esposte in opuscolo nel 1922, prevedevano una storia politica e "totale" che dal medioevo, punto di partenza del processo identitario italiano, arrivasse a lambire la contemporaneità. A tener insieme i numerosi collaboratori (fra cui Croce, de Ruggero, Omodeo, Gentile, Salvemini) sarebbe stato non il ripudio del sistema liberale in sé, ma delle sue degenerazioni nella pratica di governo giolittiana. Nel perseguire un ideale di storiografia programmatica, attenta più ai rapporti interindividuali che alla considerazione generale dei fenomeni, nuovamente Di Rienzo non riesce a sottrarsi all'imperativo di fare di Volpe una vittima sacrificale del fascismo e, smussando molte divergenze ideologiche, interpreta il venir meno all'impegno di numerosi studiosi, in seguito al delitto Matteotti, come il primo di una lunga serie di tradimenti. Anche se l'iniziativa verrà accantonata, il suo spirito rivivrà nelle opere successive dello storico e nell'attività della Scuola romana, non però nelle storie d'Italia del secondo dopoguerra, contraddistinte da una visione particolaristica e tutta in negativo, dalla quale neppure la versione einaudiana sarebbe immune.
Alessia Pedìo
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