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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2006
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La storia del Nulla non intende essere speculare a quella della filosofia, dal momento che con Parmenide ne ha interdetto definitivamente la possibilità: il non-essere non può essere. Ma vi sono dei momenti nella stessa storia della filosofia in cui il nulla compare in tutta la sua emergenzialità. Il nulla è presente nella tragedia di Eschilo, Sofocle, Euripide, in cui l’eroe deve sopportare il destino ma al tempo stesso è libero nella sua responsabilità. Questa contraddizione è spiegabile sono con una vera e propria ontologia del nulla, il quale rende l’essere privo di fondamento e dunque auentiticamente libero nella sua verità. In Plotino l’Uno è al di là dell’essere configurandosi come nulla dell’essere, come lo stesso Dio di Eckart viene identificato con il nulla. Si può comprendere questa ontologia del nulla, da non confondere con il nichilismo, intendendola come prosecuzione della ontologia della libertà di Pareyson. Dio proviene da uno sfondo abissale, che lo fa essere libero, e liberamente sceglie il bene vincendo sul male. Ma il male, benché vinto per una scelta libera, è pur sepre evocato e continua a esserlo, perciò si può parlare anche di una filosofia tragica, in cui la salvezza richiede la presenza di Dio e dell’uomo che si riconoscano in un comune sforzo per una salvezza libera, ma non necessaria. La domanda di Leibniz "Perchè l'essere piuttosto che il nulla" si dà già una risposta, affermando che se esiste qualcosa non può esservi il nulla. Di tutt'altro avviso Schelling e Heiddeger, anche se è proprio Schelling ad aver posto le premesse per una vera e propria ontologia della libertà e del nulla. Sono tanti gli spunti di quest'opera, dalla romantica fine della rappresentazione fino alle figure Montaigne, Pascal, Leopardi e altro ancora... Insomma, un libro eccellente in uno stile limpido...
I saggi qui raccolti spaziano dai presocratici ad Heidegger, da Leopardi a Celan, indagando ipotesi filosofiche e suggestioni letterarie sul non-essere e sul nichilismo. La tesi di Givone (ripresa in parte da Severino, ma per giungere a conclusioni antitetiche) è che il concetto del nulla sia il grande rimosso della filosofia occidentale, quasi un fenomeno carsico che si affaccia alla riflessione teorica a distanza di secoli, là dove logica (che vieta di pensarlo) e metafisica (che lo nega) cessano di esorcizzarlo, cancellandolo come alternativa all'essere; mentre si ripropone nelle filosofie che ammettono il nulla come fondamento dell'essere, ed esplorano un'ontologia della libertà che da Plotino a Schelling arriva al nostro Pareyson. Il nulla indagato da Givone non è una forma di negatività opposta all'essere (non ricalca, quindi, la Grundfrage di Leibniz, "Perché l'ente anziché il niente?"), bensì il principio di libertà che permette all'essere la scelta fondamentale tra l'esistere e il non esistere. Il nulla, dunque, come libertà estrema; luogo per eccellenza di tutto ciò che è possibile: un nulla che assomiglia non poco a Dio, "all'abisso della libertà" che alcuni chiamano Dio. Questo "discorso temerario" mutuato da Luigi Pareyson, che approssima scandalosamente Dio al nulla, in un'esperienza vorticosa coniugante perdizione e salvezza, non è tanto interessato a un percorso di fede, o ad attribuire la verità al Dio cristiano piuttosto che al Dio della tragedia greca. Scegliere Dio è scegliere il senso dell'essere, e quindi il nulla che ne è il fondamento. Filosofia e religione accomunate dalle stesse emozioni (stupore, gioia, angoscia di perdita, orrore della fine) di fronte al miracolo dell'esistenza, combattono, in Givone, la stessa battaglia contro l'indifferenza del nichilismo, che oscura il senso dell'essere e condanna l'uomo all'assenza di scopo, alla pura apparenza.
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