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Storia dell'arte nell'Italia meridionale. Vol. 3: Il Cinquecento - Francesco Abbate - copertina
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Descrizione


Nel 1503, con l'avvento della dominazione spagnola, la società meridionale si avvia verso una svolta profonda, destinata a incidere sul costume, sulla mentalità e sul gusto. Verso Napoli confluiranno, da lì in avanti, alcuni tra i più grandi artisti spagnoli dell'inizio del Cinquecento: Pedro Fernàndez, Bartolomeo Ordóñez, Diego de Siloe, forse Pedro Machuca. Quasi completamente italianizzati quanto a cultura figurativa, questi grandi artisti saranno fra i protagonisti del rinnovamento dell'arte napoletana in senso raffaellesco e michelangiolesco. Per loro tramite, Napoli rifletterà tempestivamente le esperienze delle avanguardie fiorentine e romane, avviandosi verso la «maniera moderna». E analogo rinnovamento si produrrà in Sicilia, questa volta ad opera di artisti italiani come Antonello Gagini, Cesare da Sesto, Polidoro, Vincenzo da Pavia. Nel corso del Cinquecento l'arte meridionale continuerà insomma a essere un importante crocevia di «rotte» italiane e mediterranee. Nel contempo, la politica urbanistica dei viceré produrrà, specie a Napoli e Palermo, una profonda trasformazione delle città. Un impulso alla crescita edilizia, destinato a mutare in profondità l'assetto delle due capitali, è dato dalla Controriforma: la costruzione di nuovi conventi e chiese monumentali si fa intensa; nel frattempo, il ruolo che le gerarchie ecclesiastiche attribuiscono alle immagini, veicolo fondamentale dell'ortodossia, contribuisce a una crescita della produzione figurativa e a una sua capillare diffusione nelle province. Il soggiorno di Caravaggio a Napoli e in Sicilia è causa della nascita di una grande scuola caravaggesca, seconda solo a quella romana, mentre la frequentazione napoletana di artisti emiliani come Lanfranco, Domenichino e Guido Reni, dà il via a un vivo filone classicista. La stessa crisi economica e politica che colpisce il Sud verso la metà del Seicento non sembra incidere sulla produzione figurativa, che conosce, con Mattia Preti e con Cosimo Fanzago, momenti di grande splendore e toccherà con Luca Giordano l'apice della sua grande stagione barocca.

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Dettagli

2001
7 maggio 2001
430 p., ill. , Rilegato
9788879896535

La recensione di IBS

Nel 1503, con l'avvento della dominazione spagnola, la società meridionale si avvia verso una svolta profonda, destinata a incidere sul costume, sulla mentalità e sul gusto. Verso Napoli confluiranno, da lì in avanti, alcuni tra i più grandi artisti spagnoli dell'inizio del Cinquecento: Pedro Fernàndez, Bartolomeo Ordóñez, Diego de Siloe, forse Pedro Machuca. Quasi completamente italianizzati quanto a cultura figurativa, questi grandi artisti saranno fra i protagonisti del rinnovamento dell'arte napoletana in senso raffaellesco e michelangiolesco. Per loro tramite, Napoli rifletterà tempestivamente le esperienze delle avanguardie fiorentine e romane, avviandosi verso la «maniera moderna». E analogo rinnovamento si produrrà in Sicilia, questa volta ad opera di artisti italiani come Antonello Gagini, Cesare da Sesto, Polidoro, Vincenzo da Pavia. Nel corso del Cinquecento l'arte meridionale continuerà insomma a essere un importante crocevia di «rotte» italiane e mediterranee. Nel contempo, la politica urbanistica dei viceré produrrà, specie a Napoli e Palermo, una profonda trasformazione delle città. Un impulso alla crescita edilizia, destinato a mutare in profondità l'assetto delle due capitali, è dato dalla Controriforma: la costruzione di nuovi conventi e chiese monumentali si fa intensa; nel frattempo, il ruolo che le gerarchie ecclesiastiche attribuiscono alle immagini, veicolo fondamentale dell'ortodossia, contribuisce a una crescita della produzione figurativa e a una sua capillare diffusione nelle province. Il soggiorno di Caravaggio a Napoli e in Sicilia è causa della nascita di una grande scuola caravaggesca, seconda solo a quella romana, mentre la frequentazione napoletana di artisti emiliani come Lanfranco, Domenichino e Guido Reni, dà il via a un vivo filone classicista. La stessa crisi economica e politica che colpisce il Sud verso la metà del Seicento non sembra incidere sulla produzione figurativa, che conosce, con Mattia Preti e con Cosimo Fanzago, momenti di grande splendore e toccherà con Luca Giordano l'apice della sua grande stagione barocca.

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