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Anno edizione: 2020
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Storia dell'estetica occidentale. Da Omero alle neuroscienze
Indice
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Usato per esame universitario, lettura scorrevole e di facile comprensione, analizza il pensiero estetico di ogni autore dall'antichità ad oggi.
Recensioni
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Circa una decina di anni fa, iniziarono quelle trasformazioni dell'università italiana che hanno posto capo alla situazione attuale; e ben presto se ne avvertirono le ricadute sull'attività didattica. Queste, a loro volta, ebbero ricadute editoriali, specie nella produzione di una manualistica più adatta al sistema "modulare" dei corsi. Per l'estetica ciò significò la pubblicazione di due nuovi agili manuali (quelli curati, rispettivamente, da Pietro Montani per Laterza e da Paolo D'Angelo, Elio Franzini e Gabriele Scaramuzza per Cortina) che, nel corso del tempo, si sono lasciati apprezzare non solo come strumenti di studio, ma anche perché i loro autori sono riusciti ad approfittare dell'occasione per aggiornare con essi l'immagine scientifica dell'estetica.
Il volume di Desideri e Cantelli, va detto subito, non si lascia inquadrare per intero in questa cronaca. Innanzitutto, per le dimensioni: più di seicento pagine che, a differenza di quanto offrono gli attuali strumenti didattici, sono tutte di ricostruzione storica e non contengono brani antologici. Già questo ne fa non un semplice manuale (né un manuale semplice: non è immaginabile di somministrarlo senza adeguate mediazioni agli studenti), quanto piuttosto un testo di riferimento e consultazione, sia per chi sta all'università, sia per tutti coloro che volessero informarsi (a un livello superiore a quello divulgativo) su ciò che è stato il pensiero estetico occidentale.
Vale quindi la pena di dettagliare ancora questa sua caratteristica. Nel capitolo iniziale, dedicato all'estetica antica, prima di giungere a illustrare le tesi di Platone, nozioni centrali come quelle di "techne" e "mimesis" sono introdotte mostrando come vennero elaborate dal pensiero mitico greco, dai presocratici e dai sofisti. Vi è poi (cosa, di nuovo, non ovvia nemmeno per un manuale universitario) un intero capitolo dedicato all'estetica medievale. Il terzo capitolo, dedicato al Quattrocento e Cinquecento, dà abbondante spazio alle poetiche sviluppate in questo periodo, trattandole come un genere di riflessioni trasversale a quelle che, solo molto più tardi, nella modernità, da singole "arti" diventeranno membri di un sistema unitario di attività intitolato all'"arte". Spicca infine l'ampiezza (quasi duecento pagine) dell'ultimo capitolo, dedicato al Novecento, che si conclude con un ritratto della cosiddetta neuroestetica.
Ma non sono soltanto le dimensioni e la grana del dettaglio a fare del volume di Desideri e Cantelli un manuale diverso da quelli correntemente adoperati nella nostra università e, anzi, qualcosa di diverso da un manuale. Conta, ancora, il modo in cui i tanti materiali impiegati nella ricostruzione storica sono stati inquadrati in una coerente prospettiva teorica sul significato disciplinare di "estetica". Qui, urgono due osservazioni. La prima è relativa alla scelta di scrivere una storia dell'estetica (come esplicitato fin dal titolo) "occidentale". Questa scelta non implica tanto una polemica contro le recenti tendenze a decostruire il significato tradizionale di "estetica" rivolgendosi a culture diverse dalla nostra (senza nemmeno tirare in ballo i cultural studies, basterà uno sguardo alla voce "Aesthetics" della versione inglese di Wikipedia), quanto piuttosto la positiva rivendicazione della circostanza per cui qualcosa come un'estetica è potuta sorgere soltanto sul terreno storico della filosofia occidentale. (Per inciso: si provi a confrontare la voce "Aesthetics" con la voce "History of aesthetics", sempre nella versione inglese di Wikipedia, e si noterà tra le due un'enorme – ed enormemente strana – discrepanza di contenuti e di riferimenti teorici).
Il carattere occidentale dell'estetica raccontata da Desideri e Cantelli si salda allora – e qui cade la seconda indispensabile osservazione circa la prospettiva teorico-interpretativa del volume – al suo carattere "moderno". Come si può evincere fin dal risvolto di copertina, per gli autori la concordia con cui "gli studiosi individuano nel Settecento il secolo in cui, nella cultura occidentale, nasce e si sviluppa l'estetica quale ambito autonomo della ricerca filosofica" è un punto fermo. Ma questo dato (solo apparentemente ovvio) ha implicazioni immediate e importanti, e riguardano quelli che (già al livello del nostro senso comune, ossia di chi, poniamo, quasi ignaro si affacci in un'aula per seguire il suo primo corso di estetica) sarebbero i temi necessari di questa disciplina filosofica: il bello, il giudizio di gusto, l'arte. Storicamente, è ruotando intorno al secondo tema che è avvenuto il battesimo dell'estetica come "scienza del sentire (aisthesis)": a metà del Settecento, quando la filosofia se ne è appropriata integrandolo nel quadro di un dibattito dominato dalla teoria della conoscenza. Mentre è solo più tardi, all'inizio dell'Ottocento, che si è portato invece al centro dell'attenzione (anche questo un mutamento di larga portata culturale, ma interamente inglobato dalla filosofia) il tema dell'arte come superiore oggetto spirituale, etico-religioso, culturale. E, in questi orizzonti, la speculazione di stampo metafisico sulla bellezza si è quasi eclissata.
Di tutto ciò, ossia del profondo mutare dei temi primari dell'estetica, in questo libro si possono cercare le ragioni, buone e cattive; ragioni che rimangono comunque essenzialmente storiche, ovvero ancora discutibili e, quindi, da discutersi. È, questo, un compito che Desideri e Cantelli non propongono troppo apertamente. Tuttavia, proprio con l'offrire un lavoro nella forma di una ricostruzione storica che non si fissa sui "secoli d'oro" dell'estetica, il Settecento e l'Ottocento, contribuiscono ottimamente a focalizzarlo. Anche nella prospettiva di una didattica universitaria più critica e meno "modulare".
Pietro Kobau
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