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L'ho trovato scarso confusionario.
Recensioni
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La ragione che può giustificare l'impianto del libro è probabilmente da cercarsi nella formazione storica di chi l'ha scritto le cui sensibilità paiono estranee alla storia politica e invece molto attente ad attestare le ricerche di storia sociale di microstoria di storia economica. Non vi è nulla da eccepire in tale scelta. Da eccepire vi è invece la mancanza di un disegno complessivo chiaro scandito in cui trovino razionale collocazione le molteplici conoscenze di cui l'autore con dovizia dispone. È vano sforzo il cercarlo: il libro affastella confusamente problemi di dimensione "nazionale" con sguardi analitici su realtà minime senza un filo conduttore che dia coerenza al tutto. Salta da un tema all'altro con la stessa disinvoltura con cui muove le scansioni cronologiche ora allargandole ora restringendole a piacimento. Alla ricchezza della documentazione non corrisponde inoltre una regia del racconto che si spezzetta in tanti paragrafi accostati senza un chiaro principio di coerenza. Segmenti tematici si alternano a sezioni di storia politica che poi cedono il passo a parti di economia e società cultura e arte il tutto non scandito da nette sequenze né cronologiche né statali. È come se l'autore avesse ritenuto prioritario fornire tanti assaggi da un menu molto ricco senza peraltro rispettare l'ordine di successione delle portate. Qua e là il testo è infiorettato da concetti che sconcertano. Che significa ad esempio la categoria di "umanesimo sociale" usata per di più trattando delle università nel XVII secolo? E cosa si voleva far intendere sostenendo che la religiosità degli italiani prima della Controriforma era ancora in buona parte "animista"? Per non parlare di una serie di piccoli e meno piccoli errori (del tipo: la facoltà di ingegneria a Torino nel 1720 o l'unità d'Italia proclamata nel 1860) che una revisione accurata del testo avrebbe potuto evitare.
Dino Carpanetto
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