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Dettagli

1993
15 novembre 1992
660 p.
9788838418624

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Marco G.
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Per gli addetti ai lavori sarà semplice notare delle "sbavature" confessionali, ma questo non toglie l'assoluta utilità dell'opera nel grande sforzo di compendiare i primi cinque secoli di speculazione teologica. Dato l'anno di pubblicazione la bibliografia non è molto aggiornata, tuttavia molta di quella presente è ormai un classico della materia.

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Voce della critica


recensione di Rossi, P.B., L'Indice 1997, n. 6

Chi volesse intraprendere lo studio della speculazione teologica elaborata nell'Occidente cristiano dal secoloVI al XIV può ora affidarsi a un'opera criticamente sicura, completa e originale non solo nell'articolazione, risultato della collaborazione di numerosi studiosi italiani e stranieri. Facendo in parte riferimento alla delimitazione cronologica che riflette l'interpretazione più diffusa riguardo alle partizioni della storia del pensiero medievale, Giulio d'Onofrio - responsabile dell'iniziativa - propone nei tre volumi rispettivamente gli inizi o i principi della teologia medievale (da Cassiodoro ad Anselmo d'Aosta), il periodo della creazione dei sistemi teologici scolastici (dalle prime decadi del secoloXII lungo tutto il XIII); infine la tradizione delle scuole e la riformulazione delle problematiche teologiche alla luce anche di mutate prospettive della riflessione filosofica. Ed è questa una delle caratteristiche che connotano questa storia della teologia. Infatti, non siamo qui di fronte a una storia del dogma o delle definizioni conciliari, bensì a una storia della costituzione della teologia come branca del sapere rapportato a una fede religiosa, alla storia del metodo di indagine e di analisi dei dati di fede, alla storia delle procedure messe in atto per fondare in qualche misura una formulazione delle verità della fede cristiana.
Questa ricostruzione della ricerca teologica medievale segna le tappe di una ricca e multiforme riflessione, che è vista alla luce del contesto culturale e storico, e soprattutto delle vicende della costituzione e dello sviluppo per la prima volta in ambiente cristiano latino di organici sistemi filosofici, fondati sull'autonomia - seppure temperata dalla convinzione dell'esistenza di un'unica verità - dei propri metodi e procedure. Non si vuole con queste affermazioni riproporre la nota interpretazione che ha letto il pensiero medievale come storia del rapporto tra ragione e fede, riducendo quasi la filosofia alla teologia; bensì si intende sottolineare che il sapere teologico ha attinto categorie dalla riflessione filosofica e la definizione del proprio metodo e della propria struttura argomentativa. L'assunzione del punto di vista della storia del metodo teologico assegna, dunque, unitarietà a questa vastissima opera che ripercorre uno spazio cronologico quasi millenario, e allo stesso tempo consente di rilevare, all'interno di questa esigenza comune a tutti i teologi-filosofi e all'interno dell'unità del metodo, significative differenziazioni, spesso da mettere in relazione con i differenti esiti delle elaborazioni filosofiche.
Tra le non poche considerazioni relative all'impianto storiografico generale, c'è anche quella che il lettore fa non appena scorre i capitoli del primo volume. Egli incontra, infatti, due capitoli dedicati rispettivamente all'iconoclasmo (di Server J. Voien) e alla teologia bizantina del secoloXI (di Enrico V. Maltese), uno vasto e articolato di Georges Chehata Anawati sulla teologia islamica medievale, uno di Avital Wohlman sul pensiero teologico ebraico, e quello di Cristina D'Ancona Costa sulla mediazione operata dal pensiero arabo nella trasmissione della metafisica greca ai latini. La cultura ebraica e quella araba in particolare sono state gli interlocutori del mondo latino medievale, e dal punto di vista della filosofia e della scienza i latini contrassero forti debiti. L'idea che viene proposta è, dunque, quella di un medioevo latino aperto, anche in teologia, al confronto con le culture allora conosciute, l'idea - che fu in effetti realtà - del mondo cristiano latino che si confronta con chi - come gli arabi - non ha le stesse radici e non fa riferimento alla medesima Scrittura, ma con il quale è possibile trovarsi sul terreno comune della razionalità, come rilevava Tommaso d'Aquino all'inizio della "Contra Gentiles".
Concetti e categorie filosofiche elaborate in altre civiltà (soprattutto quella greca) furono assunti dai latini nella costruzione di un sapere filosofico, e il mondo latino usò per interpretare il cristianesimo dottrine di per sé autonome rispetto a fedi religiose, operazione resa possibile in un primo momento attraverso la mediazione araba ed ebraica. Ma la necessità di una mediazione o di una ricomprensione del sapere umano in quello divino, dell'incertezza nella certezza, si era posta per i cristiani fin dalle origini, e l'introduzione di d'Onofrio prende le mosse dalla contrapposizione tra filosofia-sapienza umana e filosofia-sapienza cristiana - cioè una filosofia che trova fondamento nella fede -, per fornire il punto di vista per una lettura dell'origine del discorso teologico, che trova in Agostino la formulazione di una sapienza cristiana secondo le parole del profeta "nisi credideritis, non intelligetis" ("Is, 7, 9"). Se, come per Agostino, anche per Boezio la certezza si fonda su conoscenze derivate dal divino o attinte per intuizione, è tuttavia indubbio che in quest'ultimo troviamo formulata e applicata l'analisi logico-deduttiva proprio negli "Opuscoli teologici", consegnati ai medievali come esempio di indagine sui contenuti della fede. In questa prospettiva, la storia della teologia può essere rappresentata come continua approssimazione a un oggetto che in sé rimane sempre inafferrabile, e che tuttavia si tende sempre a rappresentare per mezzo di concetti, percorrendo la "via affermativa" o la "via negativa".
Da Agostino e Boezio lo sguardo si proietta sui secoli successivi. Il compito di rievocare le voci del dibattito teologico in atto nel mondo latino dalla rinascita della "Christianitas" fino ad Anselmo d'Aosta è stato assunto da d'Onofrio. Ripercorso il passaggio dal mondo tardo-antico alla prima costruzione di una cultura e di una teologia cristiane in una società cristiana (Cassiodoro, Benedetto e il monachesimo, Gregorio Magno, Gregorio diTours, Isidoro), lo studioso si sofferma a lungo sui temi della teologia carolingia (tra questi l'eucarestia e la predestinazione), e fa emergere in tutte le sue dimensioni il sistema dell'Eriugena, che innesta sulla teologia latina quella di Dionigi l'Areopagita. Giovanni Scoto segna quasi un punto di arrivo nell'evoluzione della riflessione teologica nell'alto medioevo, riflessione che rinasce con nuove prospettive attraverso l'apporto della spiritualità monastica nei secoli X e XI, e con la riformulazione problematica, fra gli altri, diPier Damiani, e soprattutto nella speculazione di Anselmo d'Aosta, altro momento emblematico e decisivo degli itinerari della teologia nella cosiddetta Europa "di ferro".
Ai secoli XIIe XIII è dedicato il secondo volume, un accostamento voluto e programmatico, a sottolineare un'evoluzione del metodo che ha i suoi inizi in Abelardo e il momento sistematico in quella che è definita "La prima stagione della teologia universitaria (1200-1274)", che vede il costituirsi della teologia come disciplina e come sapere organizzato. Gli autori dei contributi fanno rinascere mistici e maestri, le prime organizzazioni in trattato di questioni teologiche, e Leonardo Sileo assolve pienamente il compito di ricostruire la presenza della teologia nelle università, dalle forme di insegnamento ai generi letterari, dagli esordi ai grandi maestri di Parigi e di Oxford. Una stagione che si chiude simbolicamente con il 1274, anno della morte di Bonaventura e diTommaso.
Questa cesura permette nel terzo volume di collegare la generazione dei teologi della seconda metà del secolo XIII alle complesse problematiche che maturano in particolare nel secoloXIV, condizionate soprattutto dai sistemi di Duns Scoto e di Ockham, e a quella che è chiamata la teologia delle scuole, che hanno avuto origine da pensatori medievali. Le vicende dell'evoluzione della teologia nel medioevo si chiudono con uno sguardo sugli influssi e sulle reazioni suscitate fra i teologi bizantini del secolo XIV dalla traduzione in greco di opere di Tommaso d'Aquino. Un'aggiornata bibliografia su pensatori e su problemi accompagna ogni capitolo di questa storia, che è testimonianza di un momento particolarmente innovativo della civiltà europea.

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