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Un romanzo con atmosfere simili a quelle create da Stephen King, con pochi personaggi ben delineati che ruotano attorno all'allevamento e addestramento di cani selezionati. Stile a tratti poetico, molta suspense e un finale che riporta tutto alle origini. Dal parto dei cani, alla difficolta' di addestrare i cuccioli fino al sesto senso tipico di questi animali, niente viene tralasciato e chi conosce a fondo questo mondo si sorprendera' per la competenza dell'autore.
Padronanza di scrittura inficiata però da un ritmo al limite dell'ipnotico. A volte si ha l'impressione che la narrazione potrebbe continuare all'infinito, ma senza una ragione ben precisa. Mette a dura prova anche il più accanito amante degli animali.
Molto,molto,molto bello. Sicuramente da non perdere per chi Ama i cani,dolci e fedeli compagni di vita!!! Grazie a questo libro ho sorriso e pianto. Mi sono immedesimata nei personaggi e ho sofferto con loro,sicuramente lo rileggerò!!! Solamente due cose mi hanno deluso:a tratti mi è sembrato un pò lento nella narrazione e ho faticato un pò a proseguire;e il finale.....!!! Odio con tutto il cuore il personaggio dello zio Claude degno rappresentante della mediocricità e della meschinità che si nasconde dietro certe persone. Edgar,Almondine e tutti gli altri personaggi a quattro zampe rimarranno nel mio cuore.
Recensioni
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"Uno scandalo che dura da diecimila anni": così Elsa Morante definiva la storia nel romanzo che a essa si intitolava (La storia, Einaudi, 1974). La narrazione inseriva nel contesto disordinato e spietato degli eventi della prima metà del Novecento le vicende di Useppe, ragazzino epilettico figlio di una maestra ebrea violentata da un soldato tedesco, e di un pastore maremmano di nome Bella. L'amicizia basata sull'istintiva comprensione e sbocciata in un amore incondizionato costituiva un indissolubile patto di forza capace di trasmettere a entrambi l'unico coraggio possibile per attraversare quel male umano che si scatenava intorno a loro.
C'è sempre qualcosa di scandaloso nel passaggio dall'infanzia all'età adulta, e nell'incontro con la storia, con il compromesso, con la morte. Il romanzo di David Wroblewski, La storia di Edgar Sawtelle (tra i libri più venduti negli Stati Uniti nel 2008, presto in un film per la Universal Pictures, e tradotto in Italia con la dovuta precisione di sfumature da Federica Aceto), ci propone un racconto che ha anch'esso al centro uno strettissimo legame tra un ragazzo e un cane, e un traumatico confronto con il mondo degli adulti. Edgar Sawtelle, figlio di allevatori di cani del Wisconsin, nasce muto, quasi fosse destinato a condividere con i cani della fattoria, ma soprattutto con la fida Almondine (concepita "quasi nello stesso momento"), la difficoltà di comunicazione con gli esseri umani. Il ragazzo comprende le loro parole, ma non riesce a comunicare se non a gesti, che pure diventano quelli essenziali. Grazie all'amore e alla tenerezza dei genitori, Gar e Trudy, che lo allevano senza complessi né paure, in piena sintonia con la natura, Edgar vive un'infanzia serena e cresce con soddisfazione nel mestiere di allevatore. Il male non tarda però a farsi sentire. Edgar lo conosce in occasione della morte del padre e attraverso la figura ambigua dello zio Claude che, per amletica memoria, finisce per unirsi alla giovane vedova. Da quel momento, il rovello di essere stato tradito e il rimorso di non essere stato capace di comunicare in tempo l'incidente ai soccorritori non lo lasciano più in pace. Edgar decide di fuggire con tre cani nella foresta, abbandonando la madre e l'amata Almondine. È un viaggio cupo, disperato, amarissimo, fitto di desideri di vendetta e di espiazione che non troveranno compimento e che preluderà a un finale altrettanto sconcertante di perdite e di distruzione.
La storia è quindi una presenza simbolica, a cui si allude non attraverso i fatti, ma nella rappresentazione del male che serpeggia tra le persone, e del quale Edgar e i cani diventano spettatori impotenti e increduli. È lo stupore di un mondo naturale che soffre ad adattarsi ai ritmi della società civile, e in cui il lettore è trascinato con una delicatezza non comune, espressa attraverso ritmi narrativi lentissimi, quasi magici, accompagnati da una precisione di dettagli a tratti sinceramente commuovente e senza alcuna inutile retorica. Particolari marginali, colori e odori, cure, sorprese e piccoli gesti accompagnano la saga di questi cani, Almondine ma anche Forte, il patriarca delle cucciolate "purosangue", e tutti gli altri, ognuno dei quali ha un nome scelto con estrema attenzione su un libro a esso dedicato. Tutti sono trattati come personaggi per lo spazio che si concede loro nella narrazione. Umani e cani si confondono senza che però si evidenzino tracce, in questi ultimi, di qualsiasi scontata e banale umanizzazione.
Altri libri, altre storie accompagnano più o meno esplicitamente quella che leggiamo: Shakespeare, Il richiamo della foresta, i romanzi letti da Edgar, Winnie-the-Pooh e Il libro della giungla in modo speciale, di cui sono citati interi brani. Servono a crescere e a comprendere il piccolo mondo che ruota intorno all'allevamento, che a suo modo diventa specchio di quello più grande in cui si vive. Ma neanche questi libri riescono a rispondere in modo completamente soddisfacente alle domande che si pone Edgar e a quelle che si celano nella "lingua dei segni". E se, come è scritto, alla sua nascita Dio gli ha "confidato un segreto", esso viene disseminato in vari episodi oscuri e intriganti di questo lungo romanzo, ma rimane a suo modo nascosto, mai completamente accessibile né ai personaggi né al lettore. Del resto e questo libro lo dimostra la lingua degli umani ha ancora molto da imparare.
Chiara Lombardi
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