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I pamphlet, e più in generale i libri piccoli e piccolissimi, conobbero una significativa fortuna nel nostro paese quando il successo dei “Mille lire” di Stampa Alternativa (chi volesse fare un viaggio nostalgico – e scoprire o riscoprire non pochi gioielli – sappia che possono essere tutti scaricati gratis all’indirizzo http://www.stradebianchelibri.com/millelire.html), subito affiancati da quelli Newton Compton, aprì letteralmente lo spazio in libreria per simili oggetti: si moltiplicarono le rastrelliere, gli scaffalucci, gli angolini dedicati, e il microlibro prosperò. Passata la moda, quello spazio fu riconquistato dalla vorace scaffalatura tradizionale, quando non dall’oggettistica e dalla cancelleria che nel frattempo aveva invaso le librerie, e la scoperta di un buon pamphlettino tornò a essere un colpo di fortuna da bibliofilo avveduto, o il frutto dell’attenzione del singolo libraio capace di salvarlo dall’annegamento immediato che ineludibilmente cagiona la messa a scaffale assieme a volumi più grossi e distribuiti in più copie
Un lavoro in prosa affine a quello grafico di Heuser per l’intensità emotiva e il lavoro ossessivo sugli “interni” ci permette di concludere questo percorso nei pamphlet di pregio con quello che potrebbe essere a buon diritto considerato il miglior pamphlettista letterario italiano: Gherardo Bortolotti, di cui già parlammo in queste colonne per la recente ripubblicazione della trilogia Low da parte di Tic edizioni. Sempre da Tic è infatti edito Storie del pavimento, che ho scoperto grazie a Kika Negroni, “bibliotecaria indie” e voce di Flatlandia, l’indispensabile trasmissione di libri di Radio Onda d’Urto. Storie del pavimento offre 50 pagine in formato XS ma di elevatissima qualità prosastica, in cui si raccontano epiche minuscole, giacché cominciano, esplodono e si estinguono in angoli di stanza (nel 1790, apparentemente, ma le date riportate a capo di pagina sono anzitutto un omaggio allo Xavier de Maistre di Spedizione notturna intorno alla mia camera), sotto a divani o a margine di battiscopa, dal punto di vista di un bambino, se non di un lattante, capace di lasciarsi dietro riverberi metafisici: “era nel silenzio dei pomeriggi che Paolino incontrava le Ombre e ascoltava le storie del pavimento. Sul balcone sostavano i panni, ad asciugare, e le formiche compivano le loro stagioni tra le piastrelle e le foglioline secche, arrivate col vento…”, scrive Bortolotti, e nel silenzio che impongono le sue prose intensissime nello stile e ultrararefatte nella struttura, la meraviglia non è solo di “Paolino” ma anche del lettore, nello scoprire ancora una volta che uno dei nostri migliori scrittori si nasconde in certi libelli lillipuziani.
Recensione di Vanni Santoni
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