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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2013
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«Con rigore assoluto, come se stessi raccogliendo tanti testamenti, scrivevo tutto, annotando anche le emozioni degli interlocutori, i lunghi silenzi, le crisi di pianto, gli abbandoni. Ma ben presto avvertii che l'intero racconto dei "testimoni" mi affascinava, e non solo la guerra di Russia.»
«La strada del davai (davai in russo significa: avanti, cammina!) non mi ha fatto dormire per parecchie notti: ma non perché i fatti raccontati mi siano nuovi giacché anch'io, allora, vi fui dentro sino al collo, ma per la verità atroce che continua anche oggi nella vita dei sopravvissuti, e per la luce in cui sono messe queste testimonianze. Parla, questo terribile documento umano, di quello che accadde sul fronte orientale a molti italiani, alpini nella Cuneense. La guerra sul fronte russo: i popoli, gli eserciti, l'individuo e la moltitudine ci vengono incontro come fosse ancora ieri e riproviamo le atrocità, gli eroismi, le spavalderie, la generosità, gli egoismi, la pazzia e l'ironia in un paradosso gigantesco. Ci viene spontaneo dire: ma in questo tempo abbiamo vissuto? Ma queste cose sono accadute?» (Mario Rigoni Stern)
Introduzione a cura di Marco Balzano.
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Nel corso della seconda guerra mondiale la nostra spedizione in Russia a fianco dell’alleato tedesco si concluse tragicamente con una ritirata; in mezzo alla neve e a un freddo polare i nostri soldati patirono le pene dell’inferno e tanti morirono lungo il tragitto, mentre pochi riuscirono a ritornare a casa; altri, catturati dai russi, iniziarono invece un percorso di immani sofferenze che ne falcidiò una buona parte e solo un numero veramente esiguo poté tornare in patria nei mesi successivi alla fine del conflitto. Nuto Revelli, che visse l’esperienza della ritirata riuscendo a tornare a casa per poi diventare partigiano dopo l’8 settembre del 1943 e che della sua esperienza scrisse un diario (Mai tardi) volle dar voce ai superstiti dei gulag sovietici, intervistandone tanti e riunendo queste testimonianze in questo libro, La strada del davai, dove “davai” vuol dire vai avanti ed era ciò che le guardie russe gridavano agli italiani prigionieri che in lunghe marce forzate cercavano di arrivare alle stazione dove li attendevano i treni per portarli nei campi di concentramento in Siberia. Ci sono pertanto tante storie quanti sono gli intervistati e nella sostanza si assomigliano un po’ tutte, visto il comune destino; quel che varia però sono i singoli accadimenti e il modo di vedere quanto accaduto da parte degli interessati. Per completare le testimonianze della tragica ritirata c’è nel volume una seconda e ultima parte, più contenuta, dedicata a quelli che, come l’autore, sono riusciti a uscire dalla sacca in cui erano stati rinchiusi dalle truppe sovietiche. Benché si possa parlare di fortunati, anche per loro si è trattato di un’esperienza devastante, di cui porteranno il segno tutta la vita. Imperdibile.
La guerra vista dagli ultimi, da chi ha dovuto lasciare ogni affetto e bene terreno e proiettato in una guerra assurda. Contadini contro contadini. Straordinario come le testimonianze alla fine concordino su di una sola cosa: l'assurdità di ogni guerra.
raccolta di toccanti testimonianze degli alpini della Divisione CUNEENSE, fronte del Don, 1941/43, racconti di gente semplice, contadini, gente pulita, che ha avuto la vita segnata e condizionata dalla terribile esperienza vissuta nella tragedia della ritirata, e dei campi di prigionia russi.
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