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recensioni di Olivieri, N. L'Indice del 2000, n. 03
Ci sono località sulla superficie terrestre dove la velocità dei processi evolutivi sembra subire una significativa accelerazione, tanto da rendere più facilmente intelligibili i meccanismi che possono condurre al diversificarsi dei gruppi di organismi e alla nascita di nuove specie. Il Lago Vittoria, il più grande bacino lacustre del continente africano, rappresenta uno di questi ambienti privilegiati.
Nel corso di un pluriennale periodo di ricerche sulla sponda tanzaniana del lago, quella meridionale, l'autore si è trovato alle prese soprattutto con la straordinaria radiazione adattativa cui è andata incontro una parte della fauna ittica indigena. Si è imbattuto così in un genere di pesci, Haplochromis, appartenente alla grande famiglia tropicale dei Ciclidi, suddivisasi - sembrerebbe a partire da 12.500 anni fa - in centinaia di specie, denominate collettivamente "furu" dalla popolazione locale. Molte di queste occupano nicchie ecologiche del tutto speciali e singolari, come quelle delle piccole divoratrici di scaglie di altri pesci, dei pedofagi - che succhiano le uova dalla bocca di femmine di altre specie durante la cova orale -, o dei pulitori che liberano dai parassiti altri pesci. Come hanno potuto tante specie, così differenti nelle abitudini e negli adattamenti, svilupparsi presumibilmente da uno o pochi antenati comuni, e nel giro di un tempo relativamente breve? Come può realizzarsi la separazione tra le specie nell'ambito del medesimo bacino acquatico? Questi sono alcuni degli interrogativi cui l'autore tenta di dare risposta, quasi sopraffatto dalla eccezionale biodiversità del Lago Vittoria.
Tuttavia, proprio mentre Goldschmidt compie le sue ricerche, la storia biologica del grande bacino africano entra già in una nuova fase. Un evento inatteso - l'introduzione di una nuova specie ittica - la perca del Nilo (Lates niloticus), in una remota località, è destinata a sconvolgere nel giro di poco di tempo l'intero ecosistema del Lago Vittoria, annullando la complessa costruzione di millenni di evoluzione. Qui la narrazione acquista retroscena fascinosi. L'ingresso e la diffusione di organismi estranei negli ambienti rimasti a lungo isolati può esercitare un impatto catastrofico sulle specie indigene, spesso del tutto incapaci di competere con i nuovi arrivati, con rischi molto seri di estinzione. Organismi estremamente specializzati e preziosi possono in questo modo scomparire rapidamente ed essere sostituiti da entità più diffuse e banali.
Così nel giro di poco tempo si assiste al verificarsi di una vicenda dal valore quasi paradigmatico dal punto di vista ecologico. Alla grande diversità del popolamento precedente si sostituisce una fauna monotona, dominata dalla perca del Nilo e da poche altre specie, che rende tuttavia molto più produttiva la pesca esercitata nel lago dalle popolazioni locali: che certamente non rimpiangono i piccoli e poco appetitosi "furu" pressoché scomparsi.
Il tradizionale contrasto tra interesse economico ed equilibrio biologico sembra riproporsi a evidente discapito del secondo. Lo studioso, ormai privato in questo frangente dell'oggetto delle proprie indagini, lascia la Tanzania per proseguire le sue ricerche in Europa. Da questo punto in poi potrà basarsi solo sui campioni raccolti in precedenza. Tuttavia in Africa anche l'ecologia sembra conoscere ritmi accelerati, e presto la nuova situazione rivela la propria intrinseca instabilità. Nel nuovo ecosistema del Lago Vittoria si manifestano in sequenza proliferazioni inattese di organismi prima controllati dalle varie specie di Haplochromis, sino a che l'ingresso massiccio di una nuova entità estranea, il giacinto d'acqua, non determina l'instaurarsi di gravi crisi distrofiche nelle acque lacustri. Questo nuovo evento sembra segnare una sorta di catarsi per la fauna del lago, dato che consente la ricomparsa inattesa di popolazioni di "furu", che forse potranno andare incontro a nuovi, e magari rapidi, processi di speciazione.
Fa da sfondo a questa vicenda la realtà di un'Africa sospesa tra Occidente, Islam e mondo tribale, dove al tradizionale fatalismo si contrappongono tentativi ancora disorganici ma pervicaci di superare la cronica precarietà della situazione economica. L'autore ce la propone tuttavia soprattutto nelle sue usanze, nelle sue tradizioni, nei suoi atteggiamenti che trovano una loro giustificazione proprio in quegli stessi principi che regolano la vita degli organismi oggetto delle sue ricerche. Da qui i tanti parallelismi nel testo (alcuni davvero riusciti) tra le consuetudini della società africana con cui Goldschmidt a volte suo malgrado si scontra e i comportamenti che può osservare nella sua professione di biologo evoluzionista.
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