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Il taccuino perduto. Un'inchiesta di Monsieur Proust
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Il taccuino perduto. Un'inchiesta di Monsieur Proust - Pierre-Yves Leprince - copertina
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taccuino perduto. Un'inchiesta di Monsieur Proust

Descrizione


È la fine del 1906 a Versailles quando un ragazzino di diciassette anni, che ne dimostra tredici e si guadagna da vivere come galoppino, si imbatte in Marcel Proust. Lo scrittore non ha nemmeno quarant'anni e nessuno immagina che diventerà il più celebre autore francese del Novecento, per ora è solo uno scrittore che si è rifugiato al Grand Hotel per stare in pace e dedicarsi ai suoi appunti, almeno fino al momento in cui il suo prezioso taccuino non scompare. Di Nöel, il protagonista di questa storia, non c'è traccia da nessuna parte, non viene mai citato e non esistono testimonianze, lettere o biografie che lo ricordino, eppure per molto tempo fu la compagnia prediletta da Monsieur Proust, il compagno di numerose indagini segrete e l'abile risolutore di enigmi complicati. Soprattutto si deve a lui la ricerca e il fortunato ritrovamento di un prezioso taccuino indispensabile per scrivere un certo romanzo... Tra malintesi, ricerche misteriose, pagine perdute e abilmente ritrovate, Pierre-Yves Leprince costruisce un romanzo che è al tempo stesso una detective story intelligente e pronta a spiazzare il lettore in ogni certezza, la storia di amicizia tra un genio del secolo scorso e un ragazzino che ha letto pochi libri ma ha occhio per i dettagli, e soprattutto è un omaggio appassionato e acuto all'autore della "Recherche" da parte di uno scrittore che conosce ogni piega dell'opera.
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Dettagli

2016
3 maggio 2016
366 p., Brossura
9788804660576

Valutazioni e recensioni

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Princi
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Noioso

Quando preferisci guardare la tv, vuol dire che nel libro che stai leggendo non hai trovato nulla che ti tenga incollato alle sue pagine.

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quidditas
Recensioni: 5/5

romanzo meraviglioso, scritto benissimo con quel tocco di erudizione che non guasta. Il protagonista è il grande Marcel Proust che guida un giovane fattorino a crescere scoprendo le sue potenzialità. Le descrizioni della francia di primo novecento e del clima sociale è perfetto. Appena accennata con tatto e sapienza la problematica legata alla passione.

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ludmilla72
Recensioni: 5/5

Questo romanzo è una goduria per proustologi, proustomani ed anche per tutti coloro che, pur non avendo letto la Recherche, sono disposti a lasciarsi incantare dall'Angelo della Notte. Chi invece la Recherche l'ha letta ritroverà in queste pagine la voce di un caro amico, che Leprince sa resuscitare con grande maestria. Si sente in ogni riga l'amore che l'autore nutre per questo mago che "non ha avuto le nostre stesse esperienze di vita, ma raccontando le sue, le nostre appaiono sulla carta".

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Voce della critica

Parlando in un’intervista della genesi di questo romanzo, Pierre-Yves Leprince (classe 1940) ha detto: “Dal 1960, io ho vissuto dentro l’opera di Proust…”. È un’affermazione singolare, perché Leprince non è un filologo o un biografo che abbia trascorso anni e anni a decifrare i manoscritti dell’autore di Alla ricerca del tempo perduto. Ha alle spalle una lunga e brillante carriera di scenografo teatrale; nell’opera di Proust si è dunque installato per passione e da dilettante. Per Leprince Proust è un cacciatore di indizi, un detective capace di imprigionare la verità in una rete di analogie invisibili allo sguardo prevenuto dei suoi contemporanei. L’esegeta non professionista ci offre del romanziere un’immagine parziale e un po’ forzata; ma quest’immagine programmaticamente non obiettiva risulta più stimolante delle ricostruzioni  diligenti di molta critica accademica. Leprince ha scelto la forma narrativa e nelle pagine di Il taccuino perduto ha affrontato la scommessa di fare del suo autore preferito un personaggio a tutto tondo, che sotto i nostri occhi  osserva  i comportamenti degli esseri umani che lo circondano e ne decifra con acutezza incomparabile le motivazioni nascoste e le segrete finalità. Non è la prima volta che Proust figura come personaggio in una finzione: nel 2001 Philippe Besson, in En l’absence des hommes, fece di lui l’interlocutore di un adolescente che vive una tragica passione con un militare destinato a morire nel primo conflitto mondiale. Il Proust di Leprince, però, ha, rispetto a quello di Besson, una voce infinitamente più riconoscibile e precisa: modellata con orecchio finissimo sulle pagine del suo epistolario, questa voce è il vero punto di forza dell’opera, il fondamento della sua credibilità e uno dei suoi tratti più accattivanti. Lo sfondo del romanzo è l’Hôtel des Reservoirs, a Versailles, dove Proust soggiornò in effetti parecchie volte. Siamo nel 1906 e il futuro romanziere, ancora scosso per la morte della madre, si è installato in quell’albergo vecchiotto e lussuoso in attesa che sia pronto a Parigi il nuovo appartamento dove andrà a stabilirsi. Fin qui l’intreccio del romanzo segue alla lettera la realtà biografica. La voce narrante, però, che è quella di un poliziotto quasi centenario che rievoca episodi della propria adolescenza, non tarda a tessere intorno al dato storico la tela di un ricco feuilleton, popolato di spiritiste inglesi, infidi camerieri dagli occhi gialli, lord perversi e pallide cameriere misteriose. Al centro dell’intreccio, Proust fa luce su un assassinio dai retroscena erotici guardando al futuro: “Scriverò – confida al narratore – un grande libro in cui mostrerò, alla maniera di un detective, come un personaggio riesce a sbrogliare la matassa ingarbugliata di ciò che accade attorno a lui e dentro di lui, risalendo alle cause, cucendo e scucendo il tessuto della verità”.

Recensione di Mariolina Bertini

 

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