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Riproponendo l'opera di traduzione e commento del Prof. Guido Manacorda (1879-1965), illustre germanista, critico letterario, traduttore ed accademico, la casa editrice "Le Lettere" ha fatto un immenso servizio a quanti, come me, desiderosi di conoscere l'opera di Wagner, sono stati sempre scoraggiati dall'ostacolo della lingua tedesca. Infatti, grazie a questa splendida traduzione ed all'irraggiungibile commento di Manacorda, mi è stato possibile superare questo ostacolo e approcciarmi finalmente a Wagner con mia enorme soddisfazione. Iniziative editoriali di questo tipo sono un servizio reso alla cultura e alla bellezza. Grazie.
Recensioni
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Iniziata nel 1843 e rappresentata nel 1845, Tannhäuser è l'opera wagneriana di fattura più tormentata, come testimoniato dagli ampi rimaneggiamenti apportati per la contrastata messinscena parigina del 1861, base della successiva edizione definitiva dello spartito (1865-67). Frutto della geniale fusione di tre fonti narrative la vicenda del Minnesinger e cavaliere Tannhäuser tramandata anche da un celebre Lied cinquecentesco, la Tenzone poetica della Wartburg che avrebbe avuto luogo agli inizi del secolo XIII tra i più celebri cantori del tempo e, in misura minore, la leggenda cristiana di Santa Elisabetta il dramma è ancora una volta, come già il precedente Olandese volante, una storia di redenzione attraverso la morte, e insieme la rappresentazione del conflitto tra natura e spirito, tra corpo e anima. Irreparabilmente conteso tra la seduzione carnale di Venere e il richiamo dell'amore spirituale di Elisabetta, il protagonista viene salvato in extremis dalla dannazione eterna solo dal sacrificio di quest'ultima. In filigrana, appaiono le reminiscenze del mito di Faust, e non a caso qui Wagner paga (per l'ultima volta) il suo debito con lo spirito goethiano anche sul piano della forma poetica, nell'armoniosa fluidità della costruzione e nella "trasparenza e magnificenza olimpica dei versi".Divenuta ormai un classico al pari delle altre sue versioni wagneriane, la traduzione approntata da Guido Manacorda negli anni Venti rappresenta un piccolo capolavoro di rigore interpretativo e di resa poetica. L'ampio corredo di note al testo, integrato da concisi ma puntuali riferimenti alla tessitura musicale, rende conto anche delle corpose varianti introdotte dall'autore nell'arco di un ventennio.
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