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Il volume del critico cinematografico Christopher Heard è la prima biografia del grande maestro di Hong Kong a essere pubblicata in Italia. Lo spirito del libro è quello di svolgere un'analisi dei temi e dello stile dell'autore e, al contempo, di offrire un ritratto il più possibile avvincente dell'uomo John Woo. Il viaggio nel mondo del cineasta prende le mosse dalla giovinezza trascorsa nei bassifondi sordidi e violenti della città e, attraverso i primi lavori realizzati negli anni settanta come assistente alla regia (uno di questi, Four Assassins/Marco Polo, del 1972, era un action movie che raccontava l'impresa dell'esploratore veneziano dal punto di vista dei cinesi), arriva al lungometraggio che nel 1973 lanciò Woo come regista : Kung-fu Movies, The Young Dragons.
Il percorso biografico prosegue poi, lungo gli anni ottanta, con una serie di opere (tra cui i famosissimi A Better Tomorrow I e II e The Killer, da molti considerato il suo capolavoro) che rivelano definitivamente tutto il suo talento visivo, in quello che è ormai diventato (per lui che è stato anche regista di commedie) il suo genere di riferimento: il gangster movie caratterizzato da lunghe sequenze d'azione e da un'attenzione particolare dedicata alla dimensione morale ed emozionale dei personaggi. Amato e citato da giovani registi come Quentin Tarantino, negli anni novanta Woo sbarca a Hollywood, dove nel 1993 gira Hard Target con Jean-Claude Van Damme, realizzando nel contempo a Hong Kong ancora opere importanti come Bullet in the Head e Hard Boiled. Di lì in poi dirigerà una serie di film che incideranno profondamente, soprattutto a livello stilistico, sul cinema americano degli ultimi dieci anni: Broken Arrow, Face/Off, Mission Impossible 2, Windtalkers (in quest'ultimo si misura con il genere per lui inedito del war movie).
Proprio in relazione al filo rosso che lega questo imprescindibile autore del cinema orientale contemporaneo al cinema americano, nella prefazione del suo volume Heard sottolinea la presenza di un'unica fonte ispirativa che da Tarantino risale appunto a John Woo e, prima ancora, ai film di Sam Peckinpah (amato assai dal regista di Hong Kong), e prima ancora all'estetica di certi film di Akira Kurosawa. Un matrimonio obbligato, dunque, quello di Woo con il cinema made in Usa, che si arricchisce tuttavia anche di specifiche influenze europee, vista la grande passione dell'autore per i gangster di ispirazione nouvelle vague di Jean-Pierre Melville.
Ed è proprio questa avvincente ricognizione attraverso le influenze ricevute e restituite da John Woo l'ingrediente più stimolante dell'opera di Heard, che ricostruisce la complicata mappa di segni dell'immaginario dell'artista, avvalendosi di una ricca serie di testimonianze, tra cui spicca quella di uno dei più stretti collaboratori, l'attore e suo alter-ego cinematografico Cho Yun-fat, cui viene dedicato un capitolo specifico e un'intervista originale.
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