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recensione di Cavaglion, A., L'Indice 1998, n. 8
Dopo la pubblicazione del romanzo di J. Marie Le Clézio ("Étoile errante", Gallimard, 1992), gli anni dell'occupazione italiana in Francia sono ritornati alla ribalta. L'avventura è quella degli alpini che dopo il giugno 1940 andarono a presidiare i villaggi francesi e si trovarono in mezzo a consanguinei, i" macaronis, "discendenti degli emigrati di un secolo prima. Tra loro e gli occupanti non poterono che stringersi complicità. Nel caso di Le Clézio l'amore per una fanciulla ""- motivo presente anche in Maspero - illumina la Costa Azzurra di colori splendenti e malinconici, gli stessi che il lettore italiano conosce assai bene attraverso i libri di Francesco Biamonti.
L'eco della guerra è lontano, fino al giorno in cui un convoglio si porterà via le amiche ebree di Lise e Mario; l'italiano lascerà la tranquilla zona d'occupazione in Francia per la Russia, da dove ritornerà per morire partigiano.
Al di là della delicatezza dei toni, e qualche eccessivo lirismo, questo tema dell'occupazione italiana in Francia offre non pochi elementi di riflessione anche per gli storici.
La questione dei profughi ebrei che trovarono rifugio nel Sud della Francia, proprio perché attratti dalle notizie che allora circolavano sull'atteggiamento di benevolenza di italiani come il tenente Mario, è un problema importante, anche se Maspero vi accenna solo incidentalmente. Le operazioni che condussero al salvataggio di molte persone furono dirette da ufficiali, da tenenti come Mario, che evidentemente non condividevano il rozzo antisemitismo del Manifesto della Razza.
Non è questo, si badi bene, un merito che il fascismo possa accreditare a sé, perché quei diplomatici, quei militari, quegli uomini politici è assai probabile che si comportassero così proprio per il disgusto che la campagna razziale aveva suscitato in loro, e dunque è assai dubbio che agissero ancora da fascisti e non ormai, più propriamente, da antifascisti. La questione della duplicità di atteggiamento mette in evidenza alcuni aspetti del nostro carattere nazionale, sottolineati da Jonathan Steinberg, in un capitolo di un suo saggio assai stimolante dedicato alla Croazia, ma che si può adattare anche alla Francia del "tempo degli italiani" ("All or nothing. The Axis and the Holocaust 1941-1943, "Routledge, 1990). Secondo Steinberg occorrerebbe stabilire una distinzione fra virtù (e vizi) primari e virtù (e vizi) secondari. I primi (efficienza, incorruttibilità), in mano ai tedeschi si trasformarono in micidiali strumenti della "soluzione finale"; i secondi (menefreghismo, furberia, "bustarelle") divennero strumenti indispensabili per recare in salvo centinaia di vite umane. Alle stesse conclusioni, per vie autobiografiche, è arrivato Giorgio Perlasca, come risulta dal suo memoriale "L'impostore "(Il Mulino, 1997; cfr. "L'Indice", 1998, n. 3).
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