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Nonostante l'autore ripeta a più riprese di non voler scrivere una celebrazione nostalgica "al trapassato remoto" di un piacere fuori moda, in un mondo che ormai parla "solo il linguaggio binario del computer", il suo è in realtà un omaggio riconoscente, un elogio commosso al cartoncino affrancato che ha accompagnato per decenni le nostre vite, puntellando non solo i nostri viaggi, gli affetti, le memorie personali, ma documentando avvenimenti storici e testimonianze geografiche. Lapaque fornisce dettagli importanti sulla rilevanza ancora attuale della cartolina, persino da un punto di vista economico: in Francia, si vendono trecento milioni di cartoline l'anno di cui due terzi in estate; dal 1889 sono state spedite cinque miliardi di immagini della Torre Eiffel; esistono tuttora 145.000 cassette delle lettere, sebbene minacciate da un progressivo smantellamento. Ma non sono tanto queste notizie a rendere particolare il volume, quanto la poesia discreta che emana dalla scrittura dell'autore, il quale considera lo scrivere cartoline una vera e propria terapia, un atto di resistenza contro il dilagare dei ben più impersonali sms: le parole con cui si scrivono le cartoline sono "parole di letizia e d'incanto, parole azzurre, parole leggere"; "non si è seri quando si scrivono cartoline". Sul retro riconosciamo segnali di vita vissuta: il tremore o l'emozione di una mano, il francobollo in cui rimane incollato il respiro del mittente. Proprio ai mittenti Lapaque dedica pensieri grati, rivelando la sua antica e appassionata abitudine di acquistare vecchie cartoline da antiquari e rigattieri, per poter ricostruire innamoramenti e abbandoni, tenerezze infantili e gelosie maritali, per scoprire località lontane o trascurate, visi famosi o sconosciuti. Ma l'autore non solo legge, colleziona e interpreta cartoline altrui: ne acquista moltissime, e le spedisce a tutti, arricchite di citazioni, versi, auguri in rima, sollecitazioni letterarie, disegni colorati...
Recensioni
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