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Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2015
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Si tratta di un volume straordinario. Indispensabile a chi volesse capire qualcosa della filosofia analitica del linguaggio; questo per i seguenti motivi: tratta delle varie teorie in modo estremamente chiaro, e al contempo riuscendo a coglierne tutta la profondità; l'ordine in cui vengono esposti i concetti non affatica inutilmente il pensiero. Una cosa che ho trovato sorprendente inoltre è che anche ciò che viene trattato in modo relativamente secondario è comunque trattato in modo più chiaro del normale (ad es. quello che in due o tre pagine viene detto sulla teoria tarskiana della verità è più utile di un intero manuale sull'argomento... non sto esagerando...)
Recensioni
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scheda di Voltolini, A. L'Indice del 2000, n. 05
In questo breve volume, Eva Picardi ci introduce brillantemente a un tema su cui ha fatto perno tutta la discussione filosofico-linguistica di matrice analitica del Novecento, e più in generale ogni teorizzazione che abbia riconosciuto nella "svolta linguistica" il paradigma dominante della riflessione filosofica contemporanea: il tema del significato delle espressioni linguistiche. La teoria del significato - scrive l'autrice - muove da una domanda fondamentale, "in che cosa consiste per un enunciato (o un'espressione) di una lingua avere significato?". Eva Picardi prende particolarmente in considerazione quelle teorie che nel rispondere a questa domanda si propongono di rappresentare il contenuto che gli enunciati hanno nell'interazione linguistica. A questo riguardo, tre appaiono i modelli di risposta: il modello atomista alla Fodor, secondo cui le espressioni hanno significato in isolamento in virtù del loro nesso causale con spicchi di mondo, quello molecolarista alla Dummett, secondo cui si possono individuare contesti enunciativi che sono costitutivi del significato di una parola, e infine quello olista alla Davidson, secondo cui si può attribuire significato a un enunciato soltanto nel contesto della lingua cui tale enunciato appartiene.
Su questi ultimi due modelli Eva Picardi si sofferma diffusamente. La teoria del significato di Dummett muove dalla considerazione fregeana dello stretto nesso tra significato e verità, incentrato sull'idea che il pensiero espresso da un enunciato sono le sue condizioni di verità, per poi assestarsi su una teoria che tenga conto del fatto che la domanda sul significato e la domanda su cosa vuol dire conoscere (il significato delle espressioni di una lingua) sono strettamente intrecciate. Questa sarà la dottrina che pone la nozione di verifica come una nozione basilare della teoria del significato. La teoria di Davidson assume invece la nozione di verità come primitiva. Essa si propone come teoria dell'interpretazione radicale, il cui fine è quello di fornire a un interprete l'idea di che cosa dicono i parlanti di una lingua esotica, mediante l'assegnazione da parte dell'interprete di condizioni di verità agli enunciati reputati veri da tali parlanti. In tal senso, la teoria non potrà che muovere dall'inestricabilità di significati e credenze (manifestate dai parlanti nel ritenere veri tali enunciati).
Le teorie di Davidson e Dummett finiscono un po' per rappresentare il filo rosso attraverso cui l'autrice ci guida nel dipanarsi del lavoro: ad esempio, il carattere modesto vs. robusto di una teoria del significato, la distinzione senso-forza, la natura della conoscenza di una lingua, il dibattito realismo-antirealismo. Molte altre prospettive semantiche sono però presentate: su tutte, la teoria intenzionalista di Grice e quella scettica di Quine. La quantità dei temi trattati nel corso di questo agile libro è impressionante, al punto che a volte si ha l'impressione che Eva Picardi voglia smettere i panni di chi introduce all'argomento per entrare in prima persona all'interno del dibattito. Ma questo mostra solo la passione dell'autrice per la discussione su un problema così articolato come quello del significato, di cui ella ha il merito di mostrarci senza ingannevoli semplificazioni tutta la complessità.
Alberto Voltolini
Che rapporto sussiste tra significato delle parole, verità degli enunciati e uso che ne facciamo per esprimere e comunicare le nostre credenze sul mondo?
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