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Questo brillante studio comparativo esamina il periodo compreso tra l'inizio e la fine degli anni settanta, segnato a fondo dalla parabola dei terrorismi anti-sistema. Obiettivo preciso dell'autrice non è tuttavia la semplice ricostruzione delle azioni compiute dalle diverse sigle terroristiche attive in Italia e in Germania in quegli anni, bensì l'analisi della "percezione sociale" del terrorismo o, in altre parole, l'analisi delle diverse modalità mediante cui tale fenomeno fu interpretato, spiegato e giudicato nell'ambito dei rispettivi dibattiti pubblici.
Ripercorrendo le tappe del processo di radicalizzazione dello scontro politico, nonché la genesi delle più importanti organizzazioni terroristiche, Marica Tolomelli mette al centro della propria indagine il dibattito pubblico che si scatenò nelle fasi di maggiore drammaticità (l'autunno del 1977 in Germania e la primavera del 1978 in Italia), prestando attenzione specifica ai luoghi in cui esso avvenne, ai temi che portò in superficie (da quello della violenza a quello delle "responsabilità", da quello della repressione a quello delle strategie da adottare) e infine ai diversi soggetti collettivi che vi presero parte, tra cui il governo, i sindacati, le forze politiche extraparlamentari, i partiti e gli intellettuali. Tre in particolare sono gli oggetti della riflessione: il rapporto tra politica, conflitto e violenza; quello tra politica e cultura; quello tra stato e società. Nel primo caso, è significativo il fatto che, a differenza della Germania, dove un articolato sistema di mediazione favorì la disaggregazione del conflitto, in Italia le condizioni poste dalla rigidità costitutiva del sistema politico non favorirono la mediazione, bensì la contrapposizione frontale.
Per quanto riguarda il rapporto tra politica e cultura, l'autrice sottolinea che, nonostante la denuncia nei confronti delle imperfezioni della Bundesrepublik, gli intellettuali tedeschi non misero mai in discussione i suoi principi costitutivi, e anzi intesero la propria missione nel senso della difesa della triade composta da Rechtsstaat, freiheitliche Demokratie e Republik. Al contrario, in Italia, la sostanza del rapporto tra cultura e politica si pose in termini diversi, perché qui, anziché un'incondizionata difesa dell'ordine politico e sociale esistente, una buona parte degli intellettuali assunse una posizione di sostanziale "estraneità" ed equidistanza, rivelando in maniera drammatica non solo la distanza tradizionale tra cultura e politica in Italia, ma anche, e soprattutto, la disaffezione generale verso le istituzioni. Con ciò è posto il delicato tema del rapporto tra società e stato e, sullo sfondo, quell'insieme di questioni, problemi, retaggi culturali che trae la sua origine nella storia italiana e tedesca degli anni venti e trenta. In conclusione, sul filo del ragionamento seguito dall'autrice, si ha dunque la sensazione che gli anni settanta rappresentino un punto di frattura di fondamentale importanza nella storia recente dei due paesi. Sotto questo punto di vista, dunque, il volume di Tolomelli costituisce non solo un ottimo punto di partenza, ma anche uno straordinario invito a ulteriori approfondimenti.
Federico Trocini
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