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Una scrittura estremamente realistica e precisa che funziona benissimo per una storia che fa riflettere e consente un'immedesimazione molto profonda.
La scrittura è eccezionalmente equilibrata tra letteratura e cronaca, romanzo e saggio, sotto l'egida rigorosa dell'ebraismo, inteso come filosofia di vita e punto di vista sociologico. I dettagli quasi maniacali che Updike illumina formano un lessico denso e significante, nella pittura di un quadro quanto mai realistico. E' il principio di realtà che infatti guida il romanzo. Ma la visione di Updike a mio avviso è troppo pessimistica, priva di speranza, come quella degli Ebrei che hanno perso la fede. E un Ebreo ateo è un ossimoro impossibile.
Questo autore da 50 anni racconta gli USA, con ironia, dramma, la saga di coniglio etc. Libro coraggioso, ma credo abbia ragione , la banalità del male. Questo è quanto al solito colpisce il sottoscritto. Chi commette le atrocità più efferate è l'uomo 'Normale'. 'Mi limitavo alla conabilità' giustificazione di una rotella del genocidio nazista. Ma il male essendo banale, si tente a sottovalutarlo, oppure ad utilizzare la paura come mezzo per arrivare e gestire il potere. Alla paranoia del protagonista, un diciottenne plagiato,da un grottesco iman, fa da contraltare l'addetto alla sicurezza, cristiano rinato, anch'esso paranoico. Tra i due ,le persone che tirano avanti, lavorano male, ma che non concepiscono l'odio, il disprezzo per se stessi, come ragione di vita
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