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La tortura delle mosche
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La tortura delle mosche - Elias Canetti - copertina
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tortura delle mosche

Descrizione


Questo libro è la più recente (1992) scelta che Canetti ha estratto da quell’immane miniera di appunti da cui sinora erano affiorati due volumi – La provincia dell’uomo e Il cuore segreto dell’orologio – e che possiamo ormai intravedere come una delle opere più grandiose e singolari del nostro secolo. Gli appunti di Canetti sono anche, ma non solo, aforismi. Sono racconti in una riga, saggi in cinque righe, ipotesi che spalancano o terrorizzano o alleviano la mente, ritratti di singoli, nuove articolazioni di pensieri, citazioni abbaglianti – e altro ancora. Infine, come Canetti ha accennato una volta, questi appunti sono per lui un modo di respirare. Nella loro irriducibile peculiarità, gli autori a cui più si avvicinano – per la forma asciutta e densa – sono Lichtenberg, Hebbel, Kafka. Alla Tortura delle mosche (il titolo è ricavato da un ricordo sadico di Misia Sert) si può applicare questo pensiero radicale di Canetti: «Dei filosofi avvitati in se stessi egli non sa che farsene. Ha bisogno di filosofi che tocchino dolorosamente, in lui o in altri, punti vitali».

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Dettagli

2
1993
27 ottobre 1993
180 p.
9788845909986

Valutazioni e recensioni

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angelo
Recensioni: 3/5

Ingredienti: microritratti lapidari di difetti osservati o immaginati, gocce di saggezza e ironia per scavare la superficie rocciosa della realtà, micropunture irritanti per scalfire la pelle della coscienza, aforismi lucidi e visionari di uno scrittore bulimico. Consigliato: a chi cerca un trattato antropologico in forma di massime, a chi vuole scoprire in cosa consiste la tortura delle mosche.

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Cristiano Cant
Recensioni: 5/5

Quando penso che Canetti si dedicava a libri come questo come a dei taccuini indispensabili perché non impazzisse, perché la vita si affacciasse nelle sue riflessioni col singhiozzato canto della brevità rapita, con stupori e malanni che in poche sillabe trovavano e toccavano la pienezza del fortuito, un lucido sguardo nei malati fili della contraddizione umana, nell'ironia a rassegnarsi e nella stupidità a perseverare...quando penso a questo posso solo abbassare il capo e adorare un simile autore come e più di un maestro autentico. Come si fa a non tremare trattenendo mezzo sorriso quando si legge: "Io: la parola tagliente". Una semina stupenda di aforismi toccanti, di sveglie e scossoni nella coscienza enormi come urti morali; a proposito.."Magnifico fare il pazzo se si è intelligenti". Un campionario di arguzie e fastidi che invitano a ballare i saperi e le tristezze del vivere nel gran salone del silenzio più profondo. Concludo con queste due gemme, la prima è come il ritratto di un gigante umilissimo:"Da cosa si capisce che uno è arrivato alla fine? Dal morso? Dalla scrittura? Dalla risata?". Ma ancora più grande è questa:"Fortunato colui i cui dubbi si sbronzano". Perdonate, aggiungo anche questa:"Forse la più pura soddisfazione della mia vita: l'apprezzamento di Musil".

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Voce della critica


scheda di Reitani, L., L'Indice 1994, n. 8

Come già nelle precedenti raccolte "La provincia dell'uomo" e "Il cuore segreto dell'orologio", anche in questi nuovi "Quaderni di appunti" il pensiero di Elias Canetti si rivela in tutta la sua originalità. Il titolo si riferisce a un ricordo di Misia Sert sull'eccentrica e sadica abilità di trafiggere e collezionare mosche, senza tuttavia ammazzarle. Ogni microstoria si trasforma nella scrittura di Canetti in un mito, e il mito della "tortura delle mosche" si offre come il possibile paradigma per osservazioni sparse in tutto il volume sul rapporto tra uomo e animali, e dunque - secondo l'autore - tra uomo e uomo. "Ogni specie animale che muore - scrive infatti Canetti - rende meno probabile che noi si continui a vivere. Solo al cospetto delle loro fisionomie e delle loro voci noi possiamo rimanere uomini. Le nostre metamorfosi si logorano quando si spegne la loro fonte". Il tema della metamorfosi, categoria tra le più importanti di "Massa e potere", ritorna così prepotentemente in questo libro. Ma il pensiero di Canetti è da sempre asistematico e predilige percorsi romantici, privi di un vero centro. Si tratta di variazioni che muovono da una costellazione ossessivamente costante (il potere, il linguaggio, la morte) per irradiarsi in tutte le direzioni. Rilevante è una tendenza stilistica a rendere sempre più scarna la frase, un'arte scultorea del "levare" che crea mirabili costruzioni sintattiche, tradotte con grande eleganza da Renata Colorni, e che si accordano perfettamente con l'enunciato di uno degli aforismi della raccolta: "Eliminare le parole enfatiche. Che il pensiero stesso sia forte, non lo slancio con il quale lo esprimi". L'antropologia poetica di Canetti non ha mai rincorso gli eventi della storia. E tuttavia appaiono in chiusura di volume trasparenti accenni alla guerra del Golfo e alle trasformazioni in atto dalla caduta del muro di Berlino. "Una cosa è sotto gli occhi di tutti ed è incontrovertibile: non esiste una storia della quale si possa prevedere l'andamento. La storia è sempre aperta. Nessuno agisce nel senso della storia perché nessuno conosce questo senso. È probabile che esso non esista. Ciò significherebbe che la storia, nella sua apertura, è sempre influenzabile, e dunque per così dire nelle nostre mani. Forse queste mani sono troppo fiacche per orientarla in qualche modo. Ma poiché non sappiamo neanche questo, è nostro dovere provarci".

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Conosci l'autore

Elias Canetti

1905, Rusçuk

Eias Canetti è stato uno scrittore bulgaro di lingua tedesca, Premio Nobel per la letteratuna nel 1981. Nato in una famiglia di ebrei sefarditi, ebbe come lingue materne l'antico spagnolo e il bulgaro. Lettore molto precoce, nel 1911 si stabilì a Manchester con la famiglia e lì imparò l'inglese. Dopo la morte improvvisa del padre, nel 1912, si attaccò fortemente alla madre che divenne la figura dominante della sua educazione intellettuale. A Vienna (1913) e poi a Zurigo (1916) conquistò la quarta lingua: il tedesco, a cui poi sarà sempre fedele come scrittore. Nel 1921 fu a Francoforte e nel 1924 a Vienna, per volere della madre e dello zio cominciò a studiare chimica. Si laureò ma non fece mai il chimico poichè sin dall'infanzia...

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