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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2023
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Qual è il loro modo d’essere? Chiede Lévinas in questo libro. L’essere del mezzo, dice Lévinas, non si identifica con quello di un semplice oggetto materiale che si rivela alla percezione o alla scienza. La contemplazione non è in grado di cogliere l'ente in quanto tale. È attraverso l’uso, la manipolazione, che abbiamo accesso ad esso in modo adeguato e del tutto originale. La manipolazione non incontra gli oggetti solo in modo originale, ma anche in modo originario: non è successiva ad una rappresentazione. È per questo che Heidegger si oppone all’opinione corrente secondo cui prima di manipolare qualcosa è necessario rappresentarselo. I mezzi (tecnici) sono gli oggetti che il Dasein scopre in un modo determinato della sua esistenza: la manipolazione. Non sono delle semplici cose. La manipolazione è, in un centro senso, l'effettuazione del loro essere. Essa non determina ciò che essi sono, ma il modo in cui incontrano il Dasein. L’essere dei mezzi è l’utilizzabilità (Zuhandenheit). Ed è proprio perché la manipolazione non è successiva a una rappresentazione, che l’utilizzabilità non è una semplice presenza (Vorhendenheit) sulla quale verrebbe a innestarsi una nuova proprietà. L’utilizzabilità è assolutamente irriducibile e originaria. Qual è la struttura dell’Utilizzabilità? chiede ancora Lévinas. Essa è essenzialmente costituita dal Rimando (Verweisung). Il mezzo, dice, è «in vista di» qualcosa. Per questo non è un essere separato, ma è sempre in connessione con altri mezzi. Appartiene anzi al suo modo di essere il fatto di far posto alla totalità dell’opera in rapporto alla quale è. Il mezzo è nel suo ruolo adeguato – e l’utilizzabilità caratterizza il suo essere in sé – solo quando tale utilizzabilità non è esplicita, ma si ritira sullo sfondo e il mezzo è compreso a partire dall’opera. Anche quest’opera è, a sua volta, un mezzo: la scarpa esiste per essere portata, l’orologio, per indicare l’ora. Ma, dice, d'altra parte, la costi
Una delle opere fondamentali di Lévinas accanto a "Altrimenti che essere", essendo l'una il presupposto dell'altra. In Totalità e infinito la filosofia sfonda la sistematicità dell'essere per enucleare la differenza tra il Medesimo e l'Altro, e solo in questo rapporto (infinito e con l'infinito) la filosofia diventa metafisica e, così intesa, Etica. L'etica di Léwinas non è un fatto interiore ma il desiderio di un'interiorità stanca del proprio per sé, e che diventa davvero se stessa soltanto se è desiderio - relazione all'Altro, al Volto, da cui il Medesimo è interpellato per essere fecondo, padre e fraterno, per diventare altro, e altro ancora nella continua e intervallata rinascita dell'Esteriorità, contro il Potere politico, la Guerra, la Morte. Non va letto una volta soltanto. E' ricco di contenuti e di spunti. E' difficile e facile. Consigliatissimo.
Nel suo " Essai sur l'extériorité", Lévinas accusa la filosofia occidentale di essere un'ontologia della guerra, intrinsecamente polemica ed identitaria, perché ha focalizzato la sua attenzione sull'essere che si è imposto come totalità, cercando in tutti i modi di escludere l'alterità,ovvero riducendo l'altro al medesimo. La critica decostruttiva che il filosofo muove alla cultura occidentale ha un significato storico-politico, oltreché ontologico, perché la guerra è strettamente correlata al concetto di totalità che domina il paradigma socio-culturale dell'occidente che, infatti, tende a considerala, non solo come uno strumento risolutivo del confronto politico, ma come presupposto sul quale fondare il concetto stesso di politico,riducendolo da sempre ad una sua messa in pratica, ovvero all'arte di prevedere e vincere a tutti i costi una guerra, che trasforma gli individui in portatori di forze che li comandano a loro insaputa, facendosi beffa dell'etica. In questo disegno totalizzante, persino l'idea di pace è fondata sulla guerra, perché considerata come il prodotto di una guerra risolutiva, come un armistizio dove la guerra è sempre in agguato.Questo pensiero totalizzante rappresenta una minaccia per il destino dei singoli che rischiano di essere inglobati in un progetto più grande di loro, non a caso il suo corrispettivo storico è stato più volte il totalitarismo. Lévinas ci sfida a mettere in discussione questo pensiero, a considerare come "filosofia prima" non più "l'egologia", ma l'etica, intesa come incessante ricerca dell'Altro e, quindi, come messa in questione del Medesimo. L'etica precede l'ontologia, per il filosofo francese, perché è solo l'incontro con altri che rende possibile intravedere uno spiraglio nel chiuso della totalità: il volto dell'altro, infatti, nella cui nudità vulnerabile, ma irriducibile ad ogni tentativo di appropriazione egoistica dell'io, risplende la traccia dell'infinito, ci colloca immediatamente in una relazione etica.
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