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Come spiegare e descrivere l'ordine internazionale post bipolare? La fine della guerra fredda rappresentò per gli studiosi americani la fine anche di un significato assegnato al mondo. Ne scaturirono, di conseguenza, un profondo disorientamento e un'ampia gamma di previsioni, dalla "fine della storia", con la prepotente vittoria del liberalismo economico, diagnosticata da Francis Fukuyama, a un "ritorno alla storia", dovuto all'esaurimento della pace bipolare e alla diffusione del potere in un sistema multipolare, temuto da Lawrence Eagleburger e da John J. Mearsheimer. Il crollo dell'Urss lasciò soprattutto spiazzati, come osserva Minolfi, i sostenitori del "realismo strutturale", la cui tesi centrale, dominante negli studi accademici statunitensi delle relazioni internazionali ancora fino al 1989, era che il sistema della guerra fredda fosse profondamente radicato nella "struttura della politica internazionale", e pertanto destinato a durare a lungo: la bipolarità, secondo il realista Kenneth Waltz, aveva reso possibile un'ineguagliata stabilità mondiale. Orbene, il 1989 strapazzò questa idea del mondo bipolare come un mito inconsistente. Il lavoro di Minolfi offre una ricchissima mappa concettuale e bibliografica degli aggrovigliati dibattiti geostrategici che tennero banco "tra i due crolli", quello del Muro e quello delle Twin Towers, un periodo durante il quale l'America coltivò anche l'illusione di essere uscita dalla modernità, salvo poi dover ridisegnare i confini del mondo postmoderno lungo la linea dell'Atlantico, prendendo cioè le distanze dal "paradiso" Europa, per rientrare nella realtà hobbesiana del "potere".
Giovanni Borgognone
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