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Anno edizione: 1995
Anno edizione: 1999
Anno edizione: 1999
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Questo romanzo che Bove scrisse nel 1945, poco prima di morire, e che da noi è stato pubblicato solo cinquant'anni dopo, con traduzione e postfazione di Carlo Alberto Bonadies, racconta - in una sospesa atmosfera kafkiana - le vicende allucinate, contorte e indecifrabili di un irrealizzato e pavido giornalista francese, Joseph Bridet, che nel settembre del 1940, dopo alcuni ondeggiamenti ideologici, si scopre oppositore del Maresciallo Petain e della Francia occupata dai nazisti, e cerca un suo personale riscatto e una più dignitosa via di scampo esistenziale nell'adesione al programma di De Gaulle. Tenta quindi di espatriare dall'Inghilterra, per raggiungere di lì il Nord Africa: e ricorre, in questo suo delirante disegno di salvezza, all'aiuto di vecchie conoscenze in realtà inserite politicamente in sordidi giochi di potere, ambizioni frustrate, tradimenti personali e corruzione morale. Irretito inoltre nelle spire di un matrimonio sull'orlo del fallimento, Bridet subisce senza opporre alcuna resistenza l'ingenuità inconcludente della moglie Yolande, sprovveduta preda di avvenimenti più grandi di lei: in un attivismo frenetico, la giovane donna tenta vanamente di salvare il marito dagli arresti e dai processi che si susseguono inspiegabilmente, alternandosi a insperate assoluzioni e a a repentini rilasci, fino all'accusa finale di sovversione e alla tragica condanna. "La trappola" non è un thriller, e nemmeno un pamphlet politico e di denuncia: la narrazione si muove lenta seguendo i passi del protagonista (inizialmente ignari, poi sempre più affannati e angosciati) nei meandri di una burocrazia ottusa e corrotta, tra funzionari incapaci e sadici, poliziotti violenti e ottusi, amicizie rinnegate e una società civile resa egoista, indifferente e sospettosa dal clima bellico. "Preso in una morsa che si stringeva implacabilmente", Bridet va incontro all' esecuzione con la dignità e il coraggio che non era riuscito ad avere in tutta la vita.
Recensioni
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scheda di Bianco, L., L'Indice 1996, n. 4
Ritenuto da Peter Handke "il santo patrono degli scrittori puri" (qualunque cosa questo possa voler dire), Emmanuel Bove (1908-1945) vede ora arricchire il suo catalogo italiano con "La trappola", che non rinuncia, come del resto molte altre opere dell'autore, a una consistente istanza autobiografica: i vani progetti del protagonista, il giornalista Joseph Bridet, corrispondono, all'incirca, alle reali vicissitudini dello stesso Bove al tempo dell'occupazione nazista inFrancia. Bridet vive a Lione, vorrebbe raggiungere l'Africa e in seguito Londra, vorrebbe unirsi a De Gaulle per combattere il governo di Vichy; rimane invece intrappolato nella terribile ragnatela di sospetto e burocrazia che avviluppa la Francia occupata, e che il romanzo di Bove descrive con estrema efficacia. I meccanismi adottati da Bove sono quelli del thriller "dalla parte della vittima"; un uomo meschino e innocente si trova perseguitato, incastrato e infine schiacciato da eventi molto più grandi di lui.Se l'affannosa e disperante lotta contro la burocrazia può ricordare alla lontana "Il processo" di Kafka, Bove sceglie, a ragion veduta, di eliminare qualsiasi frisson metafisico: la Francia occupata, con la sua galleria di collaborazionisti svogliati, fanfaroni patriottici, funzionari apparentemente onnipotenti ma, a conti fatti, imbelli, è più che sufficiente all'autore per immergere il lettore in un'atmosfera di paranoica ambiguità che può ricordare, di volta in volta, i romanzi di Graham Greene (soprattutto nelle descrizioni dei personaggi e nelle notazioni psicologiche) oppure quell'immortale film di Georges Clouzot intitolato "Il corvo".
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