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Il manifesto, quotidiano comunista, è stato ed è uno dei luoghi più particolari del giornalismo e della politica italiana. "Una forma originale della politica" lo ha definito Luigi Pintor che ne è stato il fondatore, con una espressione che voleva evocare proprio l'attuale deserto della sinistra. In questo luogo si sono avvicendate almeno quattro generazioni, centinaia di individualità, generi, volontà, passioni, odi e amori, vittorie (poche), sconfitte (tante) e tantissima fatica malripagata. Con tanti ex, dispersi quando non lontani, in altri media, giornali, radio e tv. Prima nell'originario "quintopiano" di Via Tomacelli 146 a Roma, poi nel meglio arredato terzo piano allo stesso numero civico della medesima via bombardato a fine 2000 da un attentato fascista, e ora dopo il trasloco nella più popolare Via Bargoni, praticamente Porta Portese. Ognuno ha scritto il quotidiano ma anche la sua narrazione, la sua interpretazione, ognuno ha svolto il suo lavoro nel collettivo, lasciando un segno indelebile.
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