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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 1997
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«Questo trattatello utilizza il veicolo della ricetta come metafora del sapore antico per disquisire in modo disinvolto e giocoso di piccoli e grandi assilli della sfera emotiva quotidiana ed esistenziale» (Vittoria Martinetto, L'Indice).
recensione di Martinetto, V., L'Indice 1998, n. 4
Un titolo accattivante caratterizza questo arguto breviario rivolto esplicitamente a destinatari di sesso femminile, ma che potrebbe suggerire interessanti spunti di riflessione anche a un pubblico maschile. Del resto è uomo l'autore, un giovane scrittore colombiano di buone speranze, con un romanzo e un libro di racconti al suo attivo, non ancora pubblicati in Italia. Questo trattatello utilizza il veicolo della ricetta (qualcuna anche succulenta e realizzabile) come metafora dal sapore antico per disquisire in modo disinvolto e giocoso di piccoli e grandi assilli della sfera emotiva quotidiana ed esistenziale, come pare d'uso nel mondo narrativo ispanico da qualche anno a questa parte, se si pensa alla Esquivel, a Montalbán e, recentissimamente, alla Allende (vedi pagina a fianco).
Così come un ricettario contiene istruzioni per piatti dolci e salati, minestre e pastasciutte, carni e pesci, salse, sughi e bevande, anche qui, in ordine volutamente caotico, si alternano riflessioni, consigli, suggerimenti e consolazioni per un campionario piuttosto variegato di eventi e di situazioni tra i quali ci si può muovere spilluzzicando: invecchiamento, nervosismo, insonnia, vedovanza, verginità, nubilato, seduzione, tradimento, godimento, gravidanza, maschilismo, mestruazioni, solo per citarne una manciata...
Héctor Abad, in tono divertito e poetico, viene incontro alle sue lettrici con la benevolenza rara, e perciò consolatoria, di uomo emancipato e solidale con l'universo degli affanni femminili, cui una famiglia di sole donne - "Alle mie cinque sorelle, anzi, alle mie sei madri", recita la dedica - deve averlo abituato.
Il "Trattato di culinaria per donne tristi" è formalmente strutturato sul modello della raccolta di massime, ma fluidificate e sviluppate in riflessioni (il che teoricamente invalida la classica "economia metrica del pensiero" che disciplina lo schema della massima secondo quanto segnalato da Barthes), anche se è quasi sempre possibile ridurre ogni paragrafo alla sua ossatura aforistica. ""E se alcune sentenze possono a prima vista apparire scontate, alla fine di ogni "ricetta" si trova sempre qualche ingrediente desueto o stuzzicante a stravolgerne completamente il sapore, o anche solo a lasciarci un retrogusto impensato. Come dire, un cofanetto pieno di sorprese, di minime verità o curiosità da centellinare. Un sapiente" divertissement". Un libro da regalare all'amica. O all'amico.
«Nessuno conosce le ricette della felicità. Tuttavia, nella mia lunga pratica con frutti e verdure, con erbe e radici, con muscoli e viscere delle varie bestie selvatiche e domestiche, ho trovato in certe occasioni vie di consolazione. Sono preparati semplici e molto poco rischiosi. Diffida di me, non cucinare i miei decotti se ti assale l'ombra di un dubbio. Ma leggi questo tentativo fallace di stregoneria: lo scongiuro, se serve, non è altro che il suono: ciò che cura è l'aria che esalano le parole».
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