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Tre volte no. Memorie di un uomo libero
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Tre volte no. Memorie di un uomo libero - Boris Pahor,Mila Orlic - copertina
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Tre volte no. Memorie di un uomo libero

Descrizione


"Il fascismo ci aveva portato via le scuole, la lingua, persino i nomi. Tutto ciò che poteva esprimere, anche vagamente, la nostra identità nazionale fu cancellato." Boris Pahor era solo un bambino quando a Trieste fu proibito parlare sloveno. L'italianizzazione forzata, imposta dal fascismo alla città multiculturale in cui era nato e cresciuto, lo segnò per sempre. Studente più volte bocciato, seminarista per ripiego, soldato dell'esercito italiano, antifascista militante, deportato politico, insegnante e infine scrittore acclamato, Pahor ripercorre qui gli snodi della sua esperienza scandita dai tre no che oppose con uguale fermezza al fascismo, al nazismo e al comunismo. Attraverso il racconto personale - dall'incendio della Casa di cultura slovena ai campi di concentramento, dalle memorie di infanzia al primo amore salvifico - l'autore di "Necropoli" ricorda ai troppi che vogliono dimenticare che il fascismo non fu un regime tollerante, ma incarnò un male violento e oppressivo. E ripete che è giusto commemorare le vittime della barbarie delle foibe, ma è altrettanto necessario ammettere prima i soprusi di una dittatura senza pietà nei confronti delle minoranze. Perché la tragedia delle terre di confine nasce proprio dai silenzi di una memoria troppo indulgente con se stessa.
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Dettagli

2009
7 ottobre 2009
128 p., ill. , Rilegato
9788817034333

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Brando Bolis
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Colpiscono le innumerevoli disavventure che Pahor racconta della sua vita. Molto interessante per capire soprattutto la violenza psicologica oltre che fisica dei fascisti prima e nazisti poi nei confronti di quella che è una minoranza sempre vista con diffidenza. Può anche essere considerata la storia di una parte della cultura slovena. L'unico aspetto negativo a mio parere è l'inserimento ripetuto di innumerevoli brani tratti dagli altri suoi libri, quasi ad imbeccare il lettore nel leggere anche quelli.

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mara
Recensioni: 4/5

Sapendo che Boris Pahor scrive in sloveno, ho cercato dappertutto il nome del traduttore, e non l'ho trovato. Ne deduco quindi che il libro lo ha scritto la sua intervistatrice, Mila Orlic, e che l'editore ha un po' "barato", indicando come autore Pahor. Il libro consente comunque di conoscere la vita dello scrittore e la vicenda degli sloveni che vivono sul territorio italiano: una minoranza che contava ben 350 mila persone immediatamente dopo la prima guerra mondiale, nei confini del regno d'Italia di allora, più estesi di quelli attuali. Dalla tolleranza multiculturale dell'impero austro-ungarico, gli sloveni si sono trovati a subire il fanatismo nazionalista del periodo fascista, e la diversa repressione del regime titoista. Sono stata colpita non tanto dai legami transfrontalieri che Pahor intratteneva con gli altri intellettuali sloveni che vivevano dall'altra parte del confine, in Jugoslavia, quanto dall'assenza di rapporti con l'intellettualità italiana non nazionalista (Magris o Tomizza, tanto per citarne alcuni)

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Boris Pahor

1913, Trieste

Scrittore italiano, di madrelingua slovena. Nel 1940 viene arruolato nell'esercito italiano e mandato sul fronte in Libia. Dopo l'armistizio dell'otto settembre torna a Trieste, ormai sotto occupazione tedesca. Dopo alcuni giorni decide di unirsi alle truppe partigiane jugoslave che operavano nella Venezia Giulia. Nel 1955 descriverà quei giorni decisivi nel famoso romanzo Mesto v zalivu ("Città nel golfo"), col quale diventerà celebre nella vicina Jugoslavia. Testimone coraggioso dei crimini perpetrati dal fascismo e voce vibrante di una minoranza linguistica perseguitata, durante la seconda guerra mondiale, come si è detto, prese parte alla resistenza antifascista jugoslava. Tradito da una delazione finì deportato nei lager nazisti tra il gennaio...

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