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Mwána è nato in Bantuland, stato dell’Africa bantu non meglio identificato, ma vive da dieci anni in Svizzera. Si è laureato a pieni voti in comunicazione e, fino ad un inaspettato licenziamento, ha lavorato “in nero” per una ditta africana (che importa illegalmente prodotti scadenti), vendendo, porta a porta, prodotti sbiancanti e liscianti per capelli per signore di colore. Máwana incarna perfettamente “la pecora nera”, quella che, in clima di referendum, una campagna pubblicitaria xenofoba, esorta a cacciare dal recinto di pecore bianche: emigrato, nero, omosessuale, convive legato da una relazione di “troppia” (c’è un certo Dominique che salta fuori ogni tanto) con un bianco dai capelli rossi. Ormai disoccupato, fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, perché trovare un lavoro in una svizzera con un ridicolo tasso di disoccupazione al 3%, sembra un’impresa impossibile. L’ efficienza elvetica vacilla sotto il peso di un impreparato ma cortesissimo ufficio di collocamento e la mitologica puntualità deraglia in ore di attesa alla fermata dell’autobus. Insomma l’Elvezia non è poi questo paradiso in terra che tutti credono! Come se non bastasse, la mamma si ammala di cancro, una “malattia dei bianchi”, e arriva a Lugano aggrappandosi alle capacità salvifiche di un luminare. Si sfiora la tragedia ma il clima è da commedia. Si, perché in Bantuland, e probabilmente in altre parti del mondo in cui si vive di poco e con poco, non si piange dei guai, ne si ride. Mwána guarda tutto con un’ironia, che non scade mai in sarcasmo, ed è un vero spasso! Alla fine, incredibilmente, tutto si sistema. Sarà merito della Trinità Bantu? ...Un progredito scetticismo sarebbe categorico, ma ... Non si sa mai!
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