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Tutto il cinema di Sergio Leone - Marcello Garofalo - copertina
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Descrizione


Il libro ricostruisce e descrive tutti gli avvenimenti dell'articolata carriera del regista (da assistente volontario di Vittorio De Sica sul set di "Ladri di biciclette" a cineasta di fama mondiale), non oscurando i riflessi di un'epoca in cui il cinema, anche in Italia era soprattutto un'industria. La vita e il cinema di un regista sofisticato senza essere elitario, complesso senza essere oscuro: la sua filmografia, così essenziale (appena sette titoli) e coerente nella sua progressione, mostra con chiarezza il cammino di un autore che, con la "scusa" dello spettacolo, gradualmente, da cantore di favole su un "altrove" mitico, si è trasformato in figura di riferimento del cinema mondiale contemporaneo.
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Venditore:

Dettagli

1999
479 p.
9788880896982

Voce della critica


scheda di Marangi, M. L'Indice del 2000, n. 03

A dieci anni dalla prematura scomparsa, Sergio Leone resta uno dei registi più amati e omaggiati del cinema italiano, in una passione che unisce lo spettatore al critico, il giovane regista al navigato professionista. I continui passaggi televisivi dei suoi film, le riedizioni in videocassetta, il costante accrescimento dei volumi monografici testimoniano tale culto leoniano e rischiano di generare il sospetto di agiografia postuma, considerando che solo dopo C'era una volta in America sono state superate (quasi) del tutto le contrapposizioni tra chi lo ha sempre considerato un grande regista e chi invece lo ha spesso giudicato un abile artigiano senza una vera vena poetica originale. Per i sospettosi, va detto chiaramente che il libro di Garofalo non è un semplice omaggio, né una superficiale celebrazione nel decennale della scomparsa, ma un'opera essenziale per cogliere la complessità dell'autore e per rileggere con cognizione di causa il suo percorso artistico e biografico: ricco di informazioni dettagliate sulla vita e sui film di Leone, il libro non deluderà i più profondi conoscitori del regista e probabilmente convincerà definitivamente i dubbiosi, stimolandoli a rivedere con altri occhi i suoi film. Diviso in due grandi sezioni, la prima dedicata alla vita, la seconda concentrata sui film, in realtà il testo è continuamente innervato da rimandi temporali e da contaminazioni di registro, per cui episodi dell'infanzia risultano importanti per cogliere il peso di certi dettagli nei suoi film, mentre le analisi critiche non si concentrano solo sul testo filmico e sulle scelte stilistiche, ma allargano continuamente l'orizzonte: dalla situazione produttiva al panorama culturale della società italiana; dalle ascendenze cinematografiche e letterarie che hanno segnato Leone, agli aneddoti durante la lavorazione di un film che spiegano certe scene o certe scelte. Ne deriva un libro appassionato e appassionante, che unisce la profondità della competenza critica al coinvolgimento dello spettatore emozionato, esattamente come accade nei film di Leone, che per Garofalo va considerato "sofisticato senza essere elitario, complesso senza essere oscuro", e che in soli sette titoli, con un lasso di tempo di tredici anni tra Giù la testa (1971) e C'era una volta in America (1984), che Leone considera il suo film definitivo, ha mostrato di essere uno dei più intriganti ed efficaci narratori per immagini del cinema italiano. Capace di pensare a un cinema complesso e popolare al tempo stesso, ben conscio della molteplicità di registri espressivi necessari per fare un film. Come testimonia una sua dichiarazione, apparsa postuma, che meglio di tutto sintetizza il senso e la modernità del suo cinema: "La scuola neorealista di De Sica e quella di mio padre proveniente dal cinema muto, dove l'immagine doveva possedere per necessità forza e autonomia, mi hanno fatto capire che era giusto esprimersi con una forma nuova di linguaggio, capace di coniugare sia l'eloquenza e l'astrazione del muto, sia la verità e i dettagli del neorealismo. Il tutto, se possibile, non perdendo di vista che il cinema è prima di tutto spettacolo e che, in quanto tale, richiede anche un'adeguata componente ironica".

Michele Marangi

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