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Anno edizione: 1998
Anno edizione: 2000
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scheda di Bongiovanni, C., L'Indice 1998, n.11
Due anni fa Picouly ha intenerito e divertito il pubblico francese ed europeo con "Il campo di nessuno" (cfr. "L'Indice", 1996, n. 11), un piccolo capolavoro di freschezza definito dall'autore "autobiografico al 98%". Le avventure reali e immaginarie del piccolo Daniel, undicesimo di tredici figli, di madre francese e padre martinicano, catapultavano il lettore nelle periferie della fine degli anni cinquanta, tra pregiudizi razziali e difficoltà quotidiane.Nell'"Ultima estate" i personaggi principali restano gli stessi, Daniel e i suoi genitori, ma i comprimari e il teatro degli eventi sono cambiati. La famiglia Picouly sta cominciando, sia pur lentissimamente, a imborghesirsi. Ci si può permettere persino le vacanze all'estero in un paese nuovo e misterioso. Siamo nell'agosto del 1962, a Fort de L'Eau, a pochi chilometri da Algeri. All'indomani dell'indipendenza l'Algeria è un crogiuolo di razze e conflitti che non ha nulla da invidiare alla Francia; c'è anzi il ricordo della guerra, la paura degli attentati, la spiaggia vietata agli arabi, insomma tutto quello che può incuriosire, attrarre e respingere un ragazzino di quattordici anni.A dire il vero, Daniel ha deciso che non se la sente ancora di avere quattordici anni, saranno gli ormoni, come dice la mamma, ma lui in queste vacanze vuole averne soltanto dodici, vuole godersi la sua ultima estate da bambino, non la prima da quasi adulto. Ed è questo finto dodicenne, questo ragazzino di età e razza incerte, che racconta, tra un gioco e una scoperta, le delusioni e i miraggi di una nazione appena nata e già gravida di contrasti mortali. Scrivere il seguito di un romanzo di successo è sempre una tentazione; gli editori premono, sperando in un bis, e i lettori aspettano con ansia golosa di ritrovare i personaggi a cui sono affezionati, ma per l'autore è sempre in agguato il rischio di ripetersi, di non riuscire più a stupire, di riprendere stancamente una formula già collaudata. Picouly ha ceduto alla tentazione e ha cercato di evitare il rischio: cambiare l'ambientazione del romanzo, mantenendo però intatto lo stile vivace e dialogato della scrittura, è certo un ottimo espediente, ma non può bastare. "L'ultima estate" seduce il lettore ed è una miniera di notazioni divertite e divertenti sul passaggio dall'infanzia all'età adulta, sull'Algeria e sulla Francia dei primi anni sessanta. È insomma un romanzo ben scritto e piacevolissimo, ma, per chi ha scoperto quest'autore con "Il campo di nessuno", l'incanto è ormai irrimediabilmente spezzato; quel piccolo universo, il delicato e calibratissimo caos familiare che rendeva unico e irripetibile il primo romanzo, è già stato descritto e, comunque venga riproposto, non può più suscitare la stessa intensità di emozioni.
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