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Descrizione


Le vite degli individui sono rette parallele che s'incontrano all'infinito, in un orizzonte illusorio, sono impulsi che corrono avanti e indietro, s'inseguono, talora s'intravedono o si sognano reciprocamente, più spesso si mancano. Maria è una mite casalinga di un barrio povero di Buenos Aires, vedova di un muratore di origini italiane. Gli uomini che hanno preso il potere in Argentina hanno fatto sparire i suoi due figli, i gemelli Pablo e Miguel, insieme a tante altre persone dissolte nel nulla. Maria cerca una risposta, vuole la verità, e per questo viene imprigionata, torturata, esiliata. La sua vicenda si sovrappone a quella di Mercedes, figlia e moglie di due militari di quella giunta che reprime nel sangue ogni forma di opposizione. Anche Mercedes è madre di due gemelli, Nacho e Mari. I bambini le sono stati consegnati alla nascita, figli di un'attivista politica arrestata e poi scomparsa. Sono cresciuti in una famiglia che non è la loro, all'oscuro di tutto. Nato come spettacolo sul tema dei desaparecidos, frutto di un'inchiesta condotta sul campo a Buenos Aires, "L'ultima madre" è un affresco ispirato ai grandi romanzi della letteratura sudamericana: destini che procedono asimmetrici nel tempo e nello spazio, ma indissolubilmente intrecciati, personaggi che appaiono a un angolo di strada o svaniscono senza lasciare traccia, che si ergono a divinità del male, mutano pelle come serpenti, impazziscono, frugano disperatamente nei bassifondi.
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Dettagli

2014
382 p., Brossura
9788807041044

Valutazioni e recensioni

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Massimo F.
Recensioni: 4/5

Un racconto emozionante che affonda in un contesto tra i più tragici della recente storia umana. Come altri autori (sudamericani, spagnoli) anche Greco si cimenta con successo in una complessa operazione narrativa, traendo spunto (e non solo) dalla realtà e da vicende realmente accadute. Si legge tutto d'un fiato, commuove e indigna, anche se ho trovato lo stile - pur efficace - in alcuni momenti un po' troppo "carico" e teatrale (non a caso era questa la destinazione originaria del lavoro). Consigliato.

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Voce della critica

  Nella collana "Indies", nata dalla collaborazione tra la Feltrinelli e una serie di piccolecase indipendenti (Nottetempo, Voland, Transeuropa e Nutrimenti), con l'obbiettivo di mettere a disposizione del lavoro di scavo e di ricerca dei piccoli editori la potente struttura organizzativa e distributiva della Feltrinelli, esce il secondo romanzo di Giovanni Greco (già vincitore del Premio Calvino nel 2011 e poi finalista allo Strega e al Viareggio con il precedente Malacrianza). Diciamo subito che L'ultima madre è un romanzo forte, trascinante, che mette in moto emozioni profonde, che tocca temi arcaici (la maternità, il desiderio di maternità, l'appartenenza di sangue, il maschile e il femminile) ma evidentemente sempre vivi, inscenandoli in un preciso cronotopo, quello dell'Argentina della dittatura militare dei vari Videla, Massera, Galtieri, Viola (squallidi esecutori del famigerato processo di riorganizzazione militare, dai cognomi italianamente assonanti), e declinandoli poi fino a tempi recenti. I fatti storici sono noti. Negli anni settanta dal limo profondo della società argentina, come di altre società sudamericane del cono Sud (non senza una corresponsabilità della presidenza americana) emersero forze oscure che avevano trovato ispirazione e alimento nell'humus dei rifugiati nazisti. Si trattava di porre fine ai sommovimenti sociali e politici che rischiavano di mettere in questione lo status quo e gli interessi costituiti. Come si sa, non si usarono le mezze misure: torture brutali (ce le ha mostrate il film Garage Olimpo), inventive esecuzioni capitali (i "voli della morte"), sottrazione di figli, espulsioni nei casi più fortunati: e tutto nel più assoluto silenzio, senza che si sollevassero voci, e purtroppo anche con la benedizione delle alte sfere cattoliche. Solo le madri e le nonne degli scomparsi/scomparse (las madres y las abuelas de plaza de Mayo) trovarono il coraggio di chiedere, di fare domande, di manifestare in piazza il loro dolore, schiacciante testimonianza contro il terrorismo di stato. La guerra delle Falkland Malvine (1982), frutto di una miserrima h²bris ebbe se non altro il merito di far crollare il regime militare. Naturalmente le connivenze sono perdurate a lungo, anche dopo la caduta della giunta, prima che si sia potuta fare luce legale (almeno in parte) sulle responsabilità. Di tutto questo ci parla Greco (buon conoscitore dell'Argentina), ma in maniera indiretta, e per questo tanto più persuasiva, attraverso le vicende fattuali ed emotive dei personaggi che abitano e animano il suo romanzo. Greco parte (argomento su cui ha anche realizzato uno spettacolo teatrale) dal frustrato, e lancinante, desiderio di maternità di Mercedes (prole unica di un alto ufficiale e moglie di un torbido militare specializzato in interrogatori, el Cura), e dal conseguente trafugamento di due gemelli a un'oppositrice (compagna di un figlio di María) che viene immediatamente trucidata dopo il parto. Il romanzo è perfettamente strutturato (e calibrato) in un continuo andare e venire tra i diversi personaggi e le diverse epoche (il compasso degli anni abbraccia il periodo 1968-2011). Entriamo in diversi ambienti sociali, da quello dell'aristocrazia militare a quello delle villas miserias, a quello del popolo delle umili attività con la sua quotidianità e le sue storie di sopravvivenza (quello descritto con maggior partecipazione e commozione). In un rapido caleidoscopio rivediamo la storia dell'Argentina, quella dell'immigrazione, dal tango alla milonga al lunfardo, senza mai indulgere allo stereotipo. La forza di Greco sta nella creazione di personaggi indimenticabili, come la madre y abuela María che con determinazione semplice e ostinata arriverà alla verità (la protagonista, l'eroe positivo, che può ricordare per qualche verso la celebre madre di Gor'kij): "María è di quelle che i capelli si tagliano con la luna nuova perché crescono più forti. Di quelle che parlano da sole con i morti e ne ascoltano le risposte. Di quelle che se proprio devi buttare il pane vecchio, prima ci appoggi le labbra sopra e poi lo butti a occhi chiusi. Di quelle che si fanno il segno della croce e si baciano il pollice dicendo amen, quando vedono l'immagine di un santo o della Madonna all'angolo di una strada". Ma soprattutto la forza dell'autore sta nella trasfigurazione visionaria della realtà, sempre profondamente radicata nei corpi (il ventre-metafora di María come quello di Mercedes tornano ossessivamente), con suggestivi effetti di spaesamento, un tratto già presente nel primo romanzo, ma qui sviluppato con minor asperità. Tale trasfigurazione assume spesso carature e toni grotteschi, e di ciò Greco è maestro, in particolare nel pennellare l'interno di famiglia del generale Ignacio Pedro Mendoza, con la moglie María Josefa, la figlia Mercedes e il genero Julio (el Cura): il generale ricorda i personaggi sempiterni di García Márquez che dominano il tempo (e i loro misfatti) da cui non si fanno scalfire; attorno a lui, che resta inossidabile, la famiglia si sfalda non reggendo al peso della colpa rimossa, celata al mondo e a se stessi. Il castigo non arriva dall'esterno, ma dall'interno: in una sorta di tragica nemesi le erinni dell'inconscio deformano i tratti fisici e psichici della gang famigliare, nemesi che colpisce in modo diverso anche gli incolpevoli (per quanto conniventi col loro nuovo mondo e a lungo restii ad ascoltare il mormorio del sangue) gemelli. E così María, che ormai sa, non rivedrà neppure gli evanescenti, almeno per lei, nipoti ed entrerà a sua volta nel mondo delle ombre come per raggiungere nell'unico modo possibile i suoi cari perduti: "Ed è la fine, l'ultimo istante, l'ultimo rintocco, l'ultima porta che si apre al sorriso dell'ultima m", così finisce il romanzo, con questa "m" sospensiva e allusiva.   Mario Marchetti  

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Conosci l'autore

Giovanni Greco

1970, Roma

Giovanni Greco è attore, regista, traduttore. Ha firmato molti testi e regie teatrali in Italia e all'estero; insegna recitazione in versi presso l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio D’Amico" e ha partecipato come docente al progetto Babele promosso dal Ministero degli Esteri per l'insegnamento dell'italiano attraverso il teatro (Egitto, Cipro, Argentina, Messico, Brasile, Etiopia). Ha tradotto Vuoti di Tony Harrison (Einaudi, 2008) e Antigone di Sofocle (Feltrinelli, 2013), ha pubblicato Teatri di pace in Palestina (manifestolibri, 2005) e ha curato, con A.M. Belardinelli, il volume Antigone e le Antigoni. Storia, forme, fortuna di un mito (Mondadori, 2010). Con Malacrianza (Nutrimenti 2012) ha vinto nel 2011 il Premio Italo Calvino ed è stato finalista al Premio...

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