La Maremma è stata un po' il nostro West: praterie, colline, boschi, paludi, cavalli bradi, mandrie di mucche, cavalieri provetti, banditi, carabinieri al posto di sceriffi. Tant'è vero che quando Buffalo Bill venne in Italia con il suo circo cowboy e butteri si sfidarono nella doma dei puledri e vinsero i nostri. Alla fine dell'Ottocento ci vivono gli ultimi briganti, ben visti dal popolo perché difendono contadini e proprietari dai ladri di cavalli e chiedono ai più ricchi la cosiddetta "tassa del brigantaggio". Mentre serpeggiano le idee dell'anarchia, i carabinieri spesso chiudono un occhio e si limitano a fermare in caserma i sospetti il 1° Maggio, ma il governo nel 1899, un anno dopo la strage di Bava Beccaris a Milano, avvia una campagna di repressione e invia l'esercito. Riccio, brigante solitario, è braccato e il figlio quindicenne Vanni, che lavora in campagna allevando cavalli e buoi e aspira a una vita normale, cerca di aiutarlo, tra fughe, imboscate, sparatorie, tradimenti, un omicidio di cui viene incolpato il padre. L'amore del giovane con la cameriera Nora, anche lei figlia di un brigante misteriosamente ammazzato, rivela aspetti shakespeariani. L'ultimo dell'anno nell'osteria dove si fa festa ricompare Riccio che saluta il Novecento e dice addio alla sua gente: il tempo dei briganti (un po' alla Robin Hood) è finito, comincia quello della legge ("anche se in giro ci sono ancora briganti, e non umani, non simpatici
come Riccio", scrive argutamente De Mauro nella controcopertina). L'autore, di famiglia contadina, poi professore, giornalista e scrittore, ricostruisce il paesaggio storico, sociale e antropologico della sua terra, di cui rievoca i paesaggi, incontaminati più che selvaggi, attraverso una narrazione che fonda il romanzo d'avventura su un nucleo solido di realtà. In appendice, una nota storica dedicata alla gente di Maremma con disegni e fotografie di briganti. Fernando Rotondo
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