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Volete stare un po' in compagnia di Rossini? L'ultimo spartito di Simona Baldelli ce lo permette. Non è il ritratto ultimo e definitivo di Gioachino ma ci va vicino. Vediamo muoversi un uomo che cerca un linguaggio nuovo nella musica, che pur amando Bach, Haydn, Mozart, ha del teatro d'opera una visione innovatrice, troppo avanzata per il suo tempo. Rossini conteso e idolatrato nei salotti delle capitali d'Europa, in rapporti di amicizia con tutti i regnanti dell'epoca, da Ferdinando IV di Napoli a Giorgio IV d'Inghilterra, a Carlo X di Francia, è il musicista alla moda, caro alle donne, come lo definisce Stendhal. E' il sommo artista che conquista le più celebrate cantanti e le dame della buona società. Rossini che muore invocando il nome della madre Anna, forse l'unica figura centrale e femminile della sua vita, tanto che sarà l'ispiratrice della sua opera più alta e misteriosa. Stabat Mater. Gioachino Rossini rinunciò al teatro all'età di 37 anni, dopo il trionfo di Guglielmo Tell a Parigi nel 1829. Visse fino al 1868 ma compose solo piccoli pezzi pianistici e due brevi lavori spirituali. Perché Rossini tacque? Nel corso della sua rapida e fortunata carriera aveva trasformato l'antiquato modello di opera tragica settecentesca nel moderno spettacolo offerto ai parigini con Guglielmo Tell. Non gli era più possibile progredire ulteriormente: non era interessato al realismo e si limitò ad assistere alla nascita del dramma musicale di Verdi e di Wagner. Ai lettori de "L'ultimo spartito di Rossini" suggerisco anche di vedere il film di Mario Monicelli "Rossini! Rossini!" del 1991 con uno straordinario Philippe Noiret nei panni di un anziano Rossini e Sergio Castellitto che interpreta il giovane Rossini.
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