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Massimo è un amicizia a prima vista…dura nel tempo, leggere di Parigi attraverso lui è una verità assoluta. Max è un Sax di storia complessa; sua casa… la strada. Ricordo personalmente che durante il viaggio, la vita lo afferrò brutalmente scaraventarlo al suolo. Dopo anni, dal sonno più profondo, cominciò a delineare la sua tremenda vendetta, a pareggiare i conti con la vita; quest’ultima senza scampo dovette accontentarlo. Rincorrendola dalla provincia, alla ipotetica Parigi, croce di tutti i liberi maledetti, attraverso parole che nascono dal profondo, e con l’arma della penna “tocca” pungolando e sezionando le sue oscurità, a liberare la luce vera e pura dei suoi alter ego. Non illuso, ma alla continua ricerca di un senso della grandezza, allora al tavolo del fotografo si odono slogan che tutti gettano a voce viva nell’arena in un ballo che ripercorre su un sottile filo d’animo di chi ha creduto veramente in qualcosa. Parigi è l’immagine che vorremmo della nostra vita, non è una città che si attraversa ma è un viaggio a ritroso che affrontiamo per giungere alla vagina di Gustave Courbet ed impietrirci alla maniera di Stendhal innanzi all’origine del mondo attorno a cui si costruisce la bellezza di una donna. E ancora vivere nell’ultimo giorno e guardare oltre le superficialità delle persone il potere imperante della foto che imprigiona e immortala la storia, essere Verlaine è la maledizione di voler scoprire, la fotografia non è più il voler nascondersi attraverso un filtro ma è catturare la verità che le parole non possono tradire. molto meglio l’opera prima di un giovane di talento che libri di massa per le masse.
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