Nella bella collana delle monografie della Salerno (uno dei pochissimi, benemeriti, editori che ancora oggi pubblicano classici e sui classici), Antonio Saccone, uno dei nostri contemporaneisti più attrezzati nel raccontare i protagonisti del Novecento (da Bontempelli a Marinetti, da Palazzeschi a Dossi), pubblica un ricchissimo ritratto di Ungaretti, dettagliato nelle informazioni biografiche e presentato nelle più articolate analisi della costruzione dei suoi versi. Il saggio è costruito sul filo di una biografia intellettuale e umana che ripercorre con precisione analitica, ma anche con partecipazione e passione, l'esperienza di uno dei maggiori protagonisti della poesia del secolo scorso, dunque mescolando cura dell'analisi testuale, sensibilità verso il complesso percorso esistenziale e creativo, collocazione delle innovazioni nella costruzione del verso all'interno di quella vasta area dello sperimentalismo poetico che segna il Novecento in tutta la cultura occidentale. È così, con queste prospettive storiche ed esegetiche, che seguire il percorso ungarettiano diviene l'occasione per ripensare i problemi che hanno caratterizzato la pratica della poesia nel secolo delle avanguardie e della più spericolata ricerca del senso. Bene evidenzia Saccone la generosa, perfino narcisistica nell'enfatizzazione della propria novità radicale, sperimentazione ungarettiana che si sostanzia di innovazioni formali e ripensamenti della tradizione, definizione di un nuovo canone che consenta di giungere dalle origini alla versificazione contemporanea e, allo stesso tempo, affermazione di un rinnovamento febbrile. Tra versi e studi, confessioni e conferenze, in un passaggio di temi e di discorsi che dà vita a un basso continuo modulato costantemente. La complessa vicenda biografica di Ungaretti si svolge, com'è noto, in alcuni luoghi deputati tanto caratterizzati da porsi come emblemi non solo di momenti decisivi dell'esistenza, ma anche di scelte creative che, da quei luoghi, traggono suggestioni e significati profondi. E la titolatura Vita d'un uomo, che congiunge quasi programmaticamente destino del poeta e destino dell'uomo, nasce proprio dalla consapevolezza di tutto ciò. E dunque la nativa Alessandra, primo fondamento di quel grande tema del nomadismo che diviene subito centrale della sua poetica. E poi il Carso della Grande guerra, in cui si inscrive una modalità espressiva rinnovata, sul filo di una complessa presa di coscienza dell'io poetante; e ancora la Francia degli avanguardisti e sperimentatori, e il Brasile, da dove lo sguardo da lontano illumina i particolari delle rivoluzioni culturali europee, e infine Roma, del ritorno a casa e a un ordine che però intreccia il novecentismo, l'ansia costante del nuovo e dell'esperimento e con uno spiritualismo più pacato e assestato. Una simile personalità intellettuale e creativa appare, dal ritratto composto da Saccone, come un fiume in piena che, da un lato, depone lungo il percorso i tratti peculiari di una visione del proprio lavoro sulla parola, sul ritmo, sul verso come acquisizioni definitive all'interno di una modernità che sembra via via trovare la propria lingua nuova. E che, dall'altro, si muove instancabilmente, magmatico, con una forza che non si placa. Dall'Allegria di naufragi al Sentimento del tempo, alla Terra promessa, Ungaretti è un classico di una forza fondante e dirompente: un elemento dinamico decisivo della poesia novecentesca, che inscrive il proprio uso della parola dentro la coscienza di acquisizioni e di crisi, in una dialettica della conoscenza e dell'espressione. L'utilità di questa monografia deriva dalla capacità di intrecciare il disegno complessivo dell'inesausta ricerca ungarettiana con uno scavo, compiuto con un preciso uso degli strumenti critici, nella composizione del verso, nella scansione della parola, nella costruzione retorica del discorso franto dei "versicoli". Una simile indagine si estende anche ai testi non immediatamente creativi di Ungaretti. E quindi alle prose di viaggio, dove l'immaginazione e il riconoscimento dei propri fantasmi intellettuali e biografici non si attenua; nelle traduzioni, a partire da quelle di Blake, che scaturiscono da una profonda affinità delle visioni del mondo e della parola dei due poeti (e giustamente Saccone sottolinea la similarità dell'"elaborazione creativa" di entrambi). Quindi risonanze diversificate con Perse, Gongora, Mallarmé. Ma poi sono Shakespeare e Racine a fondare un canone di tradizione poetica, di parole e di sentimento, inserendosi tra Petrarca e Leopardi: si definisce con precisione un percorso canonico che segna, motiva e spiega radicalmente la poesia ungarettiana e tante altre prove novecentesche. Per chiarire questo c'è il capitolo indispensabile delle lezioni del poeta in Brasile (e poi quelle tenute, dal 1942, alla Sapienza di Roma), che Saccone riconduce esattamente ai momenti germinativi della sua poesia, con quell'attenzione determinante ai problemi della "memoria dell'antico", che non può non presiedere, in Ungaretti, alla febbre del nuovo, attiva anche quando è celata nelle forme discorsive più distese delle ultime raccolte. Giorgio Patrizi
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