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Virtù contra furore / prenderà l’armi, e fia el combatter corto, / che l’antico valore / nelli italici cor non è ancor morto. Così Niccolò Machiavelli nell’ortatòria finale al dedicatario del capitolo XXVI del «De Principatibus», riprendendo i versi della VI stanza della canzone «Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno» («Rerum vulgarium fragmenta» 128, 93-96). Francesco Petrarca fu autore di una ricca produzione politica che Gabriele Baldassari, professore di Letteratura italiana all’Univ. Statale di Milano, si propone d’indagare con questo volume delle pubblicazioni de «Il Filarete» edite dalla medesima facoltà. Avvalendosi delle più recenti tendenze metodologiche, l’A. analizza le strategie macrotestuali utilizzate dal Petrarca nell’organizzazione delle proprie raccolte, concentrando l’attenzione soprattutto sulle «Sine nomine» e sulle rime dei «Rerum vulgarium fragmenta». I paragrafi dedicati alle tre canzoni politiche (28; 53; 128) del «Canzoniere» (e alla E21, l’estravagante per Azzo da Correggio «Quel ch’a nostra natura») costituiscono i passi più interessanti del saggio, soprattutto laddove Baldassari, dopo un excursus dedicato a datazione, individuazione dei destinatari e storia della critica dei testi, giunge a riconoscere la presenza di chiari schemi ideologici e culturali nell’organizzazione dell’opera, i quali, intrecciando il discorso politico con quello morale e individuale, servono al letterato trecentesco per giustificare da un lato scelte fondamentali e apparentemente contraddittorie e, dall’altro, per enfatizzare un processo di crescita dell’Io e di degenerazione del reale. L’A. evidenzia inoltre rapporti numerici, affinità metriche (due piedi tristici + concatenatio + sirma con un ‘modulo continuo’ ǀABC,BAC;CDEEDǀ; coincidenza fra congedo e sirma), connessioni rimiche (memorabilità; famiglie ternarie di rime) che testimoniano una rete di connessioni fra i componimenti e, col ricorso alla serie valle:calle:spalle, una profonda conoscenza di Dante
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