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L'idea su cui si basa il libro sarebbe buona, ma lo stile narrativo e' spigoloso,tormentato,a tratti quasi sembra che l'autore non sia in se', tante sono le frasi sconnesse o prive di senso. Opera per intellettuali cervellotici,chi ama leggere per il piacere di "ascoltare" una storia stia alla larga da questo libro.
Un'elegia ai propri natali, al canto semplice di una bottega o una veste, al solco di ricordi infranti e intatti, a un cielo di palpebre come radure aperte alla nostalgia, all'amore mancato. Gli orologi veri sono i polsi degli uomini, il loro diario accelerato quando le emozioni inondano il sentire, la traccia insignificante che l'ovvio scava con pale pesantissime, le feste e le noie di un angolo di mondo che è respiro di radici, di origini, l'inevitabile segno del perdere, del cadere, in storie di solitudini che sfiorano e sfioreranno appena la presa robusta del capirsi. Un pittore disincantato a cui la moglie corregge e completa le tele, un astronauta che di colpo sente una vecchia estate bussargli nell'animo con la forza di una presenza viva, e Stellan, il narratore, nel curioso e poetico fluire delle sue lancette interiori. Romanzo confessione, corda da cui il passato non smette mai di vibrare e silenzio di intraducibile maestà della natura. "Hanno appeso così tante medaglie sul petto della mia ombra" dirà Ed, l'astronauta, come a siglare il senso di una vita che solo raccogliendosi nella sua intima essenza, fuori dai fasti e dalle apatie meschine di una notorietà di maniera, riesce a toccare i misteri più amati. Vanità annientata in autografi finiti nel fuoco, realismo e senso del tempo da accettare nella vita di empori chiusi per sempre, un femminile che accudisce con carezze sincere e allontana con affronti volgari. Un quadro di lunghi monotoni novembri fra aperture d'azzurro che liberano gioia. Tunstrom era un poeta, la sua cifra è qui, in questa lontana e vicinissima cronaca dei suoi vagiti e delle sue perdite, del movimento che ogni vita avverte anche scrutando il cielo o sognando l'assurdo.
Da quanto, da quanti anni (troppi) non leggevo un Libro così? In una parola: sublime. Ma solo io mi sono ritrovata con le lacrime agli occhi, per la bellezza di alcuni passaggi? Poetico, dolcissimo. A volte... posso dire rarefatto? Perchè leggere certe pagine (l'autoannientamento del pittore sulla nave dei cavalli, il diario di Celeborn), così essenziali, liriche, perfette, è stato come volare molto, molto in alto. E doloroso, disperato. Come quando scava negli abissi di un uomo che per tutta la vita ha represso il suo lato più nero, e quando racconta quanto alto può essere il prezzo da pagare, per non essere riuscito a tenerlo a freno, una sola volta, in un fatale giorno di un'estate lontana in cui ogni cosa è andata in frantumi per sempre. Il cuore umano è un abisso, la vita è un dibattersi nel buio fingendo pateticamente, in superficie, che tutto scorra tranquilo e normale, ripetendo piccole frasi gentili da bottegaio modello mentre dentro stai bruciando di desiderio e disperazione. Ognuno resta a galla come può, nascondendo nel cuore un amore non corrisposto, un sogno impossibile, un pezzo mancante, una ferita; intimamente solo con il suo dolore. Alcune volte lo fa goffamente (Ingrid), altre con la dolce luminosità di un cuore buono e superiore (Celdeborn). Ma poco importa: la ferita è la stessa, la lotta è la stessa. E il buio, passate le vane promesse di una stagione effimera come un giorno di primavera, inghiottirà anche i pochi (Ed e la ragazza a quindici anni) che hanno avuto il privilegio di credere, per un giorno o un'estate, di poter essere felici. Ringrazio di cuore i lettori che, con le loro recensioni entusiastiche su IBS, mi hanno fatto scoprire questo autore. So che usare l'aggettivo "bello" può apparire dozzinale, e banale, e generico; ma "Uomini famosi" è esattamente questo: bellezza. Immenso.
Recensioni
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A Sunne, piccolo centro della Svezia meridionale, Göran Tunström è nato (nel 1937) e cresciuto. E a Sunne, al suo universo astorico e sigillato, Tunström dedica, dopo L'oratorio di Natale e Tjuven (Il ladro), anche il suo ultimo romanzo, pubblicato nel 1998, due anni prima di morire. Nel libro è la cittadina stessa che offre il pretesto della narrazione, restando poi sullo sfondo, comprimaria dei pochi attori di questo piccolo dramma di provincia. La partenza è semplice: per celebrare i seicento anni dalla fondazione di Sunne, Stellan Jonsson, titolare di una bottega di generi alimentari con modeste velleità letterarie, viene incaricato di compilare un catalogo delle celebrità che sono transitate dal paese. Il libro non vedrà mai la luce, ma Stellan stenderà lo stesso una sua personale memoria, un doloroso viaggio nel passato in cui la scrittura si farà strumento di conoscenza ed espiazione. La vita del bottegaio, misera e incolore, nasconde un segreto: la verità verrà a galla lentamente, man mano che procede la narrazione, sempre meno cronaca e sempre più monologo interiore. Passato e presente, realismo e finzione si mescolano nella prosa di Tunström fino a che un uomo venuto dalla Luna (siamo nel 1969), l'americano Ed, travolge del tutto l'inquieto universo di Sunne. Intorno a Stellan, un coro di figure complesse, fantasmi di un passato sfuggente: l'affascinante Isabelle, Anita, volgare e scontrosa, Harald il pittore fallito, il tormentato pastore Cederblom. Uomini e donne che passano come meteore nella vita di Stellan, emersi dal nulla, distanti come le celebrità i cui autografi Jonsson colleziona.
Giulia Ziino
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