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L'uomo che non fu giovedì - Juan Esteban Constaín - copertina
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Descrizione



Un intrigante giallo a sfondo religioso, omaggio all’eterno creatore di padre Brown, ma anche un esilarante romanzo umoristico, poliedrico e coltissimo.

«Constaín ha fatto quello che sa fare, la pausa necessaria di uno storico di razza prima di affrontare lo schermo vuoto: immergersi nei buchi, nei libri, nei secoli». - El País

«Uno scrittore dal talento straordinario e con una conoscenza enciclopedica che in Coombia non ha nessun altro. Ma non fatevi ingannare: dietro a quest’uomo coltissimo c’è un tipo che non prende le cose troppo sul serio». - El País Colombia

«Un romanzo colto e divertente». - El Tiempo

Poco prima delle dimissioni di Benedetto xvi, torna alla luce un vecchio processo per la canonizzazione di G.K. Chesterton, celebre scrittore e teologo inglese convertitosi al cattolicesimo dopo un travagliato percorso interiore. Il dossier riguardante il caso, conservato gelosamente per anni, ricompare nel polverone sollevato dalle lotte intestine, dai furti di documenti e dagli scandali che hanno assediato la Chiesa nel corso dell’ultimo decennio. Essere un cristiano devoto va bene, ma diventare santo è tutt’altra cosa: quale segreto si cela dietro questa storia? Ebbene, i miracoli che dimostrerebbero la santità di Chesterton sono legati a uno strano episodio avvenuto nel 1929, anno in cui, per volere di Pio xi, lo scrittore prestò un importante servizio alla Chiesa, sul quale inspiegabilmente calò poi un velo di silenzio. Il nostro narratore, un professore di Storia incaricato di indagare sulla vicenda, si mette subito al lavoro. Si accorgerà presto che molti sono i misteri sepolti dentro queste carte, e ancor più i nemici. Nel frattempo, si perderà nei meandri del passato, e noi ci perderemo con lui, affacciandoci sulle vite private dei più svariati personaggi: non solo Ratzinger e Bergoglio, ma anche John Lennon, Casanova, George Bernard Shaw e Mussolini, a dimostrazione che la Storia, con i suoi intrighi politici, religiosi e perfino letterari, è fatta per essere letta come una qualsiasi opera di finzione. Un intrigante giallo a sfondo religioso, omaggio all’eterno creatore di padre Brown, ma anche un esilarante romanzo umoristico, poliedrico e coltissimo.
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Dettagli

2016
20 ottobre 2016
200 p., Brossura
9788876258107

Valutazioni e recensioni

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G.M.
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Libro dispersivo (servivano a qualcosa le lunghissime digressioni su Casanova e i Beatles?), lento, ripetitivo (quante volte viene ripetuta quella frase sull'inchiostro «color seppia, che un tempo doveva essere nero»? E il «Basta nascere»?). Ma veniamo al contenuto. L'autore mescola fatti reali a sue invenzioni, attribuendo a personaggi (che in altri punti santifica) falsità e crimini meschini e grotteschi, compiuti con una leggerezza inspiegata che rasenta l'assurdo; facendo questo cerca di apparire super partes, "intellettuale" e arguto, ma il risultato è che il lettore non si lascia infinocchiare e riconosce l'insieme per quello che è: una stupidaggine. Così Pio XI è uno stupidotto o un furbastro, cui importa solo di mandare avanti l'industria dei santi per fini di immagine; così Chesterton è «un santo, un vero cristiano», ma non esita a ingannare il papa e tutto il mondo con ciarlatanerie alla Wanna Marchi (il tutto in stile «Il fine giustifica i mezzi»); così la moglie di Chesterton è amorevole, pia e devota ma invita suo marito a fingere, infischiandosi della realtà dei fatti; così Judith Lea cerca di far sparire le prove delle malefatte di Chesterton perché il mondo continui ad ammirarlo e sia felice nell'illusione. Insomma, sono tutti dei cinici cui nulla importa della verità (il protagonista-narratore in primis); ma il problema, dal punto di vista letterario, è che questo non sembra scontrarsi minimamente con la fede cristiana che i personaggi professano e (in ogni altro momento) praticano: e così si ha l'assurdo. Insomma, libro sconsigliato: spendete meglio i vostri soldi.

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Voce della critica

Questo romanzo su Chesterton, esilarante e geniale, è di uno scrittore colombiano, Juan Esteban Constaín (classe 1979) che offre un affettuoso e irriverente tributo alla memoria del creatore di padre Brown. Il dispositivo narrativo de L’uomo che non fu giovedì ha un sapore leggermente rétro: ricorda Possessione di Antonia Byatt (1990) e tutti i romanzi che sulla scia di Possessione si articolarono su un doppio piano temporale.

Qui abbiamo una narrazione principale che rimanda al 2013. Poche settimane prima delle dimissioni di Benedetto XVI, il narratore – che come Constaìn è un professore universitario di storia, con competenze di traduttore da varie lingue antiche – , viene contattato in gran segreto da emissari del Vaticano che gli affidano una missione intrigante e deli-cata: tradurre i brani in inglese medioevale interpolati nel dossier del processo canonico per la beatificazione di G. K. Chesterton. Perché quel processo canonico non è andato in porto quando è stato avviato segretamente, nel 1958? Il narratore non si limita al compito che gli è stato affidato, ma, con l’aiuto dei documenti riservatissimi che ha in mano, e di un inedito Diario dello scrittore fortunosamente ritrovato, ricostruisce il soggiorno romano di Chesterton del 1929. È questo il secondo piano cronologico del romanzo, gestito con sapienza da Constaín, che ha imparato da Borges e dal Bolaño de La letteratura nazista in America l’arte della biografia immaginaria; quell’arte in cui la finzione arriva a un grado supremo di credibilità, per poi irridere con una piroetta finale l’ingenuità del lettore tentato di prenderla per buona.

Ottimo conoscitore dell’Italia in cui il romanzo si svolge, Constaín, intervistato da una rivista, ha messo al primo posto tra i suoi libri prediletti le Lezioni di letteratura inglese di Tomasi di Lampedusa: del Tomasi critico ama evidentemente la leggerezza stendhaliana, ben ripresa nelle pagine saggistiche, riflessive e divaganti, che costellano il suo libro. Ispirazioni diverse si intrecciano dunque in questa operina in cui l’erudizione è sempre declinata con un garbo autoironico affabile e malizioso.

Recensione di Mariolina Bertini

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