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Ut pictura poesis. Ediz. illustrata - Rensselaer Wright Lee - copertina
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Ut pictura poesis. Ediz. illustrata - Rensselaer Wright Lee - copertina

Descrizione


"Questo saggio va inteso come un tentativo di definire la teoria umanistica della pittura e di tracciarne a grandi linee lo sviluppo dagli inizi nel XV secolo al Settecento, quando i nuovi orientamenti del pensiero critico e delle arti figurative cominciarono a determinarne il declino. Sempre presente in questa teoria è l'assunto fondamentale - oggi peraltro non più accettato - che la buona pittura, come la buona poesia, sia l'imitazione ideale della natura umana in azione. Ne consegue che i pittori, come i poeti, devono esprimere verità generali rifuggendo dal particolare, facendo uso di soggetti universalmente conosciuti e apprezzati, tramandati attraverso la narrazione biblica e la lettura dei classici greco-romani; inoltre devono rappresentare una multiforme varietà di emozioni e tendere non soltanto a dilettare ma anche a istruire l'umanità. Questa teoria, come in larga misura anche l'arte di quel periodo, aveva le sue radici nell'antichità. Le famose analogie tra pittura e poesia di Aristotele e di Orazio avevano indotto i critici, che non trovavano negli antichi una vera e propria teoria della pittura, a trasferire l'antica teoria letteraria a un'arte per la quale non era stata concepita." (Dalla Prefazione dell'autore all'edizione italiana). Con uno scritto di Marco Maggi.
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SE
2011
28 aprile 2011
214 p., ill. , Brossura
9788877108814

Voce della critica

  Nel 1974 usciva presso la mitica "Biblioteca" Sansoni la traduzione italiana di questo saggio, pubblicato nell'originale inglese nel 1940 su "The Art Bulletin" e poi, in forma di libro, nel 1967 a New York. Ora quella stessa traduzione italiana esce nella collana "Testi e Documenti" della SE, benemerita nel tener viva la curiosità nel campo delle scienze umane. È l'occasione per i più giovani di imparare a conoscere un piccolo classico degli studi storico-artistici, per i più vecchi di tornare a riflettere su premesse, contenuti ed effetti dello stesso. L'autore, l'americano Rensselaer Wright Lee, aveva esordito come brillante comparatista con un articolo dedicato all'influsso del Cortegiano di Baldesar Castiglione sulle opere del letterato elisabettiano Edmund Spenser. Se si tiene conto di ciò, si comprende bene non solo l'orizzonte europeo, ma anche l'ampiezza della periodizzazione adottata nel saggio ora ristampato. Tra il classicismo italiano del Cinquecento e il classicismo francese del secolo successivo esiste una continuità che travalica ogni distanza spazio-temporale e che si manifesta nella maniera più chiara nella condivisione di alcuni principi estetici di base. Sta di fatto che, anticipando un interesse per le parole dell'arte oggi ampiamente diffuso, il saggio di Lee dedica i primi cinque dei suoi nove capitoli tematici a delineare la lunga storia di nozioni fondamentali quali quelle di imitazione, invenzione, espressione, fine utile o dilettevole, decoro. Radicate in Aristotele e nei grandi trattatisti antichi di retorica e poetica, tali nozioni conoscono un vigoroso rilancio nell'Italia rinascimentale per poi divenire patrimonio europeo attraverso la sistematica rielaborazione operata dagli intellettuali francesi del grand siècle. Esse conoscono sin dalle più lontane origini una stretta affinità tra espressione verbale ed espressione visiva. Perché l'oraziano ut pictura poesis potesse rovesciarsi in una solida teoria della pittura e in parte anche della scultura, bisognava però passare attraverso il pieno riconoscimento socio-culturale di queste stesse arti, che è cosa più vicina a noi che all'antichità classica. Non a caso la seconda metà del saggio di Lee, a partire dal capitolo sesto dedicato all'ideale del pittore letterato, punta decisamente sullo specifico figurativo sia che indaghi la fortuna artistica di un tema letterario particolare come Rinaldo ed Armida, sia che si interroghi, invece, sullo sviluppo di concetti quasi filosofici come quello cruciale di virtù visiva o quello, non meno importante, di unità d'azione. Il sistematico trasferimento di fatti e giudizi di radice poetica e retorica al campo limitrofo ma distinto delle vecchie arti del disegno costituisce uno snodo cruciale nella lunga e accidentata vicenda che ha portato, a metà Settecento, alla nascita dell'estetica moderna. Significativo allora che, al di là di ogni limite cronologico e linguistico precostituito, il gran nome di Lessing sia tra quelli che più di frequente escono dalla penna di Lee. La bella postfazione con cui Marco Maggi arricchisce questa ristampa del saggio dello studioso americano aiuta a comprendere questa apparente stranezza. Vi apprendiamo, tra molte altre cose importanti, la grande attenzione riservata da Lee a The New Laokoön di Irving Babbitt, un libro del 1910 che tanto contribuì a rilanciare l'interesse degli studiosi d'oltreoceano per le teorie dell'arte. La vocazione comparatistica cui si è accennato più sopra sfocia qui in un'ossessione per il confronto sistematico tra le diverse forme espressive, rispetto alla quale la nozione comune di lingua risulta ormai irrilevante, mentre prende peso sempre maggiore la difesa di certi contenuti della tradizione culturale europea. Con grande finezza, a conclusione del suo meditato intervento, Maggi osserva come, diversamente dall'Italia di Longhi e di Arcangeli, nell'America di Lee e di Panofsky "umano" e "umanistico" continuassero a suonare come sinonimi. Marco Collareta

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