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Anno edizione: 2020
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Difficile aggiungere di meglio alla già ottima descrizione con cui viene qui presentato l'ultimo lavoro degli Enslaved. Nati in anni significativi, come band viking black metal a tutto tondo, hanno presto dato avvio ad un lento cammino musicale incentrato su due solidi pilastri: evoluzione e coerenza. Un cammino che può spiazzare l'ascoltatore occasionale del gruppo ma che se ripercorso fino a questo Utgard, con pazienza e passione, rivela un sound costruito su una solida base narrativa e spirituale, per quanto riguarda i contenuti delle canzoni: un approccio dimesso e profondo, senza spettacolarizzazioni (come invece avviene tendenzialmente in ambito viking death e black metal), semmai incentrato sulla simbologia e i significati, senza limitarsi alla pura narrazione mitologica. Sul piano musicale abbiamo un sound che in Utgard raffina, attraverso l'ormai familiare matrice psichedelica (mai la lezione dei Pink Floyd è stata portata così agli estremi), l'innata radice black metal, supportata dall'imperitura voce di Grutle Kjellson. Sorprende invece la brevità del lavoro, tradotta in canzoni decisamente più brevi rispetto a quanto proposto negli ultimi anni, e più snelle, pur mantenendo una certa struttura progressiva, fondamentale nell'arricchire la fiamma dell'interesse. Non mancano guizzi imprevedibili che sondano, o meglio omaggiano, altri lidi, come il kraut rock nella spiazzante Urjotun, brano magistralmente inserito che sorprende senza stonare. Degnissima conclusione infine, con Distant Seasons, che con quel cantato in clean vocals di "Time is cosmic vanity", oltre a testimoniare di un songwriting ancora ispirato, ci lascia con l'immagine integra di una band che sperimenta ai fini di una sincera ricerca musicale e non per un effimero desiderio di stupire legato alla vanità dell'istante.
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