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La poetica di Yves Bonnefoy è caratterizzata da una profonda riflessione sulla condizione umana, la natura, il linguaggio e la relazione tra di essi. Bonnefoy è stato uno dei più importanti poeti francesi del XX secolo ed è noto per il suo stile lirico e filosofico. La collana Jacabook dei poeti regala davvero perle rare.
Ecco Zeusi, il pittore greco del IV secolo a.C., così abile nel ritrarre oggetti, visi e frutti della natura che tordi e passeri arrivavano a frotte per beccare gli acini di uva sul pannello, fino a distruggerne e macerarne col becco la tela. Ed ecco Bonnefoy, grande poeta francese del Novecento, che gli dedica un libriccino fatto di brevissimi brani in prosa lirica: illuminata, trascendente e purissima. "Il fuoco è chiaro, la tavola apparecchiata, il vino brilla nelle caraffe": un interno domestico che potrebbe appartenere a qualsiasi epoca e a qualsiasi autore classico, da Alceo a Tibullo a un sufi persiano. "Il peso del cielo sul vetro si faceva intollerabile, si sentiva, dicevano, scricchiolare l'apparenza...L'altezza del mondo, di un blu sempre più nero, vacillava e cadeva come una pietra": questo è un esterno, e potrebbe rappresentare una pittura metafisica, come una preghiera di un mistico medievale. Bonnefoy si avvicina in ogni suo scritto allo stupore estasiato che gli provoca la bellezza, sia quella naturale e fisica, sia quella mentale e artistica: eppure ritiene che segno e immagine, "le nostre due illusioni", raramente riescano ad avvicinarsi alla perfezione della mimesi, o tanto meno della creazione ex novo. E finiscano, nella loro ybris, per produrre lacerazione e dissipazione. Le parole si ribellano, i pennelli si seccano: " E io tentavo, prendevo una parola, ma si dibatteva, chiocciava come una gallina spaventata, ferita, in una gabbia di paglia nera macchiata di vecchie tracce di sangue". Dio ha solo abbozzato il mondo, le cui meraviglie sono rovine: solamente la luce, forse, "ha avuto vita piena... ed è per questo che sembra semplice, e increata." Alla fine, anche gli uccelli rimarranno indifferenti all'arte di Zeusi, preferendo volteggiare nel cielo reale. Il volume si chiude con una sapiente postfazione di Roberto Mussapi.
Recensioni
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scheda di Bertini, M., L'Indice 1997, n. 8
Poeta, saggista, traduttore di tutto Shakespeare in francese, Bonnefoy è anche un appassionato conoscitore di pittura; ed è proprio la rappresentazione pittorica il tema centrale delle prose poetiche che formano questa raccolta, ammirevolmente tradotta e commentata da Roberto Mussapi. Lo spunto - ingannevolmente semplice - che ispira questi testi è un celebre aneddoto: il pittore Zeusi, attivo nell'Atene del V secolo, avrebbe dipinto un grappolo d'uva così allettante e perfetto da indurre in inganno gli uccelli, che vi si sarebbero avventati sopra per beccarlo. Lo Zeusi di Bonnefoy difende invano i suoi quadri dai loro becchi voraci; invano si risolve a dipingere al buio e, alla fine, a non dipingere più, disperato davanti alle sue tele dilaniate. Poi, un giorno, miracolosamente, sembra sfuggire alla maledizione: upupe e pappagalli, tordi e passerotti ignorano ormai il suo lavoro, lo lasciano dipingere indisturbato, mentre aleggia su di lui un senso vago di sconfitta e di nostalgia. Il suo ultimo quadro, dipinto poco prima di morire, raffigurerà un grappolo riflesso in una pozza, tra luci e ombre: "Davanti a quelle ombre chiare altre ombre, nere. Ma se tuffi la mano nello specchio, se muovi l'acqua, l'ombra degli uccelli e quella dei frutti si confondono". Come sottolinea Mussapi, il mito di Zeusi allude qui allo stesso potere dell'artista adombrato dai miti di Arione e di Orfeo: il potere di "sviluppare un'energia e una forza capaci di conquistare anche gli animali, e nella fattispecie gli uccelli, tramiti angelici tra questa terra e il mondo celeste".
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