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Molti sono i meriti di questo libro a cura di Emanuela Reale (ricercatrice presso il Ceris di Roma, l'Istituto di ricerca sull'impresa e lo sviluppo, ed esperta di valutazione impegnata presso il Civr, Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca), che analizza e commenta in chiave critica i risultati e i limiti del primo esercizio di valutazione triennale della ricerca (Vtr) commissionato dal ministero al Civr per il triennio 2001-2003. Il volume rende noto o ricorda al pubblico dei lettori italiani che esiste anche in Italia, dal 1998, un organo nazionale investito del compito istituzionale di valutare la ricerca pubblica, simile per missione al Rae inglese (Research Assessment Excercise): il Civr, che attualmente affianca il Cnvsu (Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario), condividendone, tra l'altro, l'incerto destino (una probabile fusione nell'Anvur, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, di prossima istituzione).
Fra i meriti del volume, vi è quello di contestualizzare opportunamente l'esercizio di valutazione triennale della ricerca che il Civr ha svolto in conformità alla tendenza storica che almeno dagli anni ottanta, sull'onda delle politiche thatcheriane ha indotto molti governi europei a valutare i prodotti della ricerca pubblica al fine di distribuire parte delle risorse finanziarie divenute scarse non a "pioggia" o sulla base della spesa storica, ma in rapporto al numero e/o alla qualità delle performance scientifiche. Le competenze specialistiche degli autori e la passione con cui hanno contribuito all'impresa di valutazione si riversano nell'analisi approfondita e critica della scelta dei metodi adottati (peer review, cioè un procedimento di controllo basato sul giudizio di un gruppo di esperti che lavorano nel campo in questione, invece degli indicatori bibliometrici; formulazione dei giudizi di merito per area disciplinare), nella discussione dei limiti alla generalizzazione dei risultati posti da alcune caratteristiche dell'esercizio (volontarietà dell'adesione alla valutazione, selezione autonoma dei prodotti da sottoporre al giudizio da parte delle istituzioni, conseguente impossibilità di stabilire, entro ciascuna istituzione, la quota di personale inattivo) e nell'approfondimento, con ulteriori analisi, di altri temi meno esplorati nel rapporto finale del Civr (livello di internazionalizzazione della ricerca in ambito pubblico, capacità delle istituzioni di attrarre risorse da soggetti terzi, relazione tra variabili strutturali e indicatori di performance scientifica). Nelle conclusioni si sottolinea che "la naturale destinazione del modello allocativo derivante dal Vtr è verso la ripartizione di risorse premiali, aggiuntive e addizionali rispetto all'ordinario, allo scopo di premiare le eccellenze e/o di sostenere aree che cercano di emergere ma sono soggette a vincoli interni o esterni": una "naturale destinazione" che, come noto, non ha prodotto effetti pratici.
A seguito della conversione in legge del decreto Gelmini sulla riforma dell'università (9 gennaio 2009), i temi trattati nel volume divengono estremamente attuali e sollecitano nuove riflessioni, mentre si attende che il Civr e il Cnvsu redigano la lista definitiva degli atenei "virtuosi" a cui devolvere almeno il 7 per cento del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) per l'università. Invece, con un provvedimento d'urgenza, il governo ha imposto un nuovo modello allocativo, che non mira a distribuire risorse aggiuntive e premiali all'eccellenza scientifica, ma una quota delle risorse ordinarie agli atenei "parsimoniosi" nelle spese per il personale: un modello dichiaratamente orientato a punire le istituzioni incapaci di gestire il proprio bilancio, reso ancora più severo dalle limitazioni poste agli atenei non virtuosi in materia di assunzioni e di concorsi, oltre che dai tagli al Ffo previsti dal piano triennale. Quindi, nonostante il serio esercizio di valutazione della ricerca pubblica già realizzato dal Civr e le varie proposte di allocazione delle risorse sulla base della qualità della didattica e dell'offerta formativa avanzate dal Cnvsu, che proponevano modelli allocativi basati su indicatori di performance scientifica, le politiche finanziarie in materia di università continuano a essere dominate da una grave confusione tra meritocrazia scientifica ed efficienza amministrativa. Se per la prima volta in Italia i risultati della valutazione saranno utilizzati, sarà dunque come strumento di legittimazione di politiche distributive con obiettivi punitivi.
Fiammetta Corradi
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