Nel 1978 nell'Alto Egitto, in una tomba lungo il Nilo a sedici chilometri da El-Minya, fu ritrovata una scatola di pietra calcarea dov'era stato collocato un codice papiraceo risalente al 280 d.C. circa. Esso contiene, fra l'altro, una traduzione in lingua copta del cosiddetto Vangelo di Giuda, un apocrifo di cui si era a conoscenza soltanto tramite antiche citazioni indirette e che risale, almeno nel suo nucleo originario, alla metà del II secolo. Trasportato prima in Europa e successivamente negli Stati Uniti, il codice è rimasto per sedici anni in una cassetta di sicurezza di una banca di Long Island, in attesa di un acquirente sufficientemente danaroso. Tolto dal suo ideale clima desertico e sottoposto a maldestri tentativi di scongiurarne il deterioramento (è stato persino congelato) il manoscritto ha subìto danni irreparabili. Soltanto dopo l'acquisto da parte di Frieda Tchacos Nussberger, nell'aprile del 2000, esso ha potuto raggiungere la Maecenas Stiftung für antike Kunst di Basilea per essere restaurato e adeguatamente studiato: datazione con il radiocarbonio, analisi dell'inchiostro, indagine multispettrale, esame paleografico, trascrizione e traduzione. L'opera di restauro e la pubblicazione sono state finanziate dalla National Geographic Society. In occasione della pasqua del 2006 il documento è stato reso pubblico, dopo un bombardamento mediatico che ha portato all'attenzione generale un testo che diversamente, per le sue caratteristiche, sarebbe rimasto confinato all'attenzione degli specialisti. Nelle presentazioni giornalistiche ci si è affannati a presentare questa scoperta in maniera tendenziosa, con argomentazioni abilmente confezionate per garantire un grande successo editoriale: il Vangelo di Giuda venne propagandato quasi come la più grande scoperta archeologica di tutti i tempi, in grado di sconquassare le fondamenta del cristianesimo e di "riabilitare" la figura di Giuda Iscariota. Da molte parti, inoltre, sono state sollevate serie obiezioni alla ricostruzione ufficiale delle vicende del ritrovamento, della vendita e della pubblicazione del codice, e non mancano palesi indizi che rivelano gli sforzi fatti affinché la Tchacos Nussberger, la Maecenas Stiftung e la National Geographic potessero ricavare il maggior guadagno possibile dall'operazione. A distanza di qualche anno, finalmente, il rumore si è attutito e le dichiarazioni sensazionaliste hanno ceduto il passo alle più ponderate ricostruzioni degli studiosi. Alla prima trascrizione e traduzione del testo, per certi versi imperfetta, si sono aggiunte le osservazioni, le integrazioni e i suggerimenti di altri specialisti di diversi paesi. Oggi anche il pubblico italiano ha a disposizione un'ottima traduzione italiana condotta direttamente sul testo originale da Domenico Devoti, già docente di letteratura cristiana antica. Il testo copto con traduzione a fronte è accompagnato da un apparato critico che dà conto delle scelte dell'editore e delle difficoltà che ha dovuto affrontare. Il tutto è arricchito da un corposo e originale commento. Ne emerge la figura di un Giuda ben diversa da quella a cui siamo avvezzi, poco aderente alla realtà storica ma interessante testimonianza di un'antica corrente religiosa cristiana minoritaria oggi del tutto scomparsa. Un Giuda elevato al di sopra degli altri discepoli, più istruito nella conoscenza gnostica, pienamente consapevole del proprio ruolo e destinatario di un particolare rapporto con il suo Signore. Andrea Nicolotti
Leggi di più
Leggi di meno