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Il vento arriva da uno spazio bianco - Giusi Verbaro - copertina
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Il vento arriva da uno spazio bianco - Giusi Verbaro - copertina
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Descrizione


Cinque anni dopo "Solstizio d'estate" (Manni, Lecce 2008), Giusi Verbaro torna alle stampe con un libro di rara concentrazione, testimonianza di una lunghissima fedeltà alla linea più irrazionalistica e simbolista della tradizione novecentesca. I numi tutelari di questa scrittura sono tutti esibiti nelle epigrafi che suggellano le sezioni e che intestano quasi tutte le liriche (soprattutto nella prima sezione): alle più naturali delle radici otto e novecentesche (da Novalis e Baudelaire a Rilke, Campana e Saba), si accompagnano alcune delle soluzioni "lombarde" più acclamate (Sereni, Raboni), ma soprattutto i grandi metafisici europei di prima e terza generazione, Montale, Caproni, Luzi e Mitosz, capostipiti delle linee complementari della teologia negativa e dell'ermetismo religioso, insieme maestri, amici e angeli (nel senso di messaggeri e fantasmi) a cui la Verbaro ha intrecciato tutta la sua vicenda esistenziale e creativa. Questi testi, in effetti, come già molti di quelli che abbiamo apprezzato nelle raccolte precedenti, paiono nascere in un dialogo con le fonti predilette dall'autrice, quasi al culmine di una riflessione sulle suggestioni offerte da quelle letture. Prefazione di Daniele Maria Pegorari. Postfazione di Giuseppe Panella.
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Dettagli

2013
5 giugno 2013
131 p., Brossura
9788882129101

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alida airaghi
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Con questo arioso endecasillabo che dà il titolo al libro, Giusi Verbaro introduce da subito la metafora fondante che attraversa le sue tre sezioni: vento inteso come spirito, anima vivificatrice del mondo, turbine che scompagina, assedia e libera, "che trascina le memorie", "che scompiglia i nomi", "che rinnova, a primavera,/ il profumo dei tigli sul viale". Vento, quindi, come metafora della poesia, originata misteriosamente e misteriosamente posseduta da pochi, privilegiati, interpreti... Da questo soffio energico la poetessa si lascia penetrare: "Affacciarsi nel vento e dal vento/ lasciarsi poi scolpire/ e levigare come cera molle". E' un vento che nasce da uno spazio bianco e vergine, di silenzio e di ascolto: da un altrove non conosciuto, di sogno o di estasi, di altezza irraggiungibile o di insondabile profondità. E infatti "sogno" è un altro dei termini chiave di questa raccolta poetica, insieme ai paesaggi lunari, alle risacche marine, e ad altre "essenze misteriose" e quasi esoteriche. Allora echi, ombre, fantasmi, "stranite stanze", "città bianche e spettrali", "creature alate", "anime pellegrine", "sussulti del cuore", aleggiano impalpabili nei versi, animandoli e forse turbandoli: "Lunga notte d'inverno, buia come più buio/ è il misterioso perdersi - negati alle presenze/ e ai rovelli consueti - e dopo ritrovarsi". E i morti, spesso più vivi e incombenti dei vivi, parenti che hanno segnato in maniera indelebile le nostre vite, scrittori che hanno ispirato i nostri pensieri, maestri di poesia in passato vicini e ora ancora più stagliati nella memoria: "Li chiamo tutti piano i nostri morti". Le tre sezioni che compongono il volume rappresentano un orgoglioso recupero della nostra tradizione letteraria, e l' adesione riconoscente all'affettività del ricordo, così come si perpetua nei luoghi e nei sogni, nelle evocazioni e nelle attese, in ogni "spazio bianco".

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