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La verità e la menzogna. Dialogo sulla fondazione morale della politica - Immanuel Kant,Benjamin Constant - copertina
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La verità e la menzogna. Dialogo sulla fondazione morale della politica - Immanuel Kant,Benjamin Constant - copertina
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Dettagli

1998
1 gennaio 1998
360 p.
9788842494188
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Indice

B. Constant, Sugli effetti del terrore (1796); Delle reazioni politiche (1796). I. Kant, Dei doveri etici verso gli altri; Della veridicità (da: Lezioni di etica) (1775-1781); Il metodo della Ragion Pratica (da: Critica della Ragione Pratica) (1787); Sul presunto diritto di mentire per amore dell'umanità (1797); Della menzogna (da: La metafisica dei costumi) (1797).
Appendici bio-bibliografiche.

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Michele Lucivero
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Il dialogo immaginario tra Kant e Constant ci restituisce uno dei più interessanti dibattiti etici della storia dell’umanità. La menzogna a fin di bene si presenta in tutta la sua drammaticità già nella Bibbia, poi l’affronta Agostino, per arrivare in qualche modo a toccare l’illuminismo moderno e proseguire oltre, fino al decalogo 8 di Kieslowski. Se Kant la rifiutata categoricamente, perché renderebbe impossibile la fondazione della società e afferma che “Dire la verità è un dovere assoluto”, per Constant è vero il contrario, cioè che dire sempre la verità minerebbe alla base qualsiasi consorzio umano e propone che il dovere alla verità è tale solo nei confronti di chi ne ha diritto. Con ciò, tuttavia, non risulta ancora sciolto il problema della possibilità dal soggetto di percepire effettivamente la verità e quello, riguardante sempre il soggetto nella ineludibile dimensione interpersonale, di potere e riuscire a dire la verità. I due illuministi sono ancora alle prese con una Veritas ed un Verbum e quindi in grado di fondare solo un’etica dei principi, una deontologia; occorre, invece, un’etica della responsabilità che, attraverso gli strumenti della filosofia analitica e della decostruzione postmoderna, consideri la narrazione come attestazione del soggetto, al di là del vero e del falso.

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Voce della critica

KANT, IMMANUEL / BENJAMIN, CONSTANT, La verità e la menzogna. Dialogo sulla fondazione morale della politica

ESPOSITO, ROBERTO (A CURA DI), Oltre la politica. Antologia del pensiero 'impolitico'
recensione di Pianciola, C., L'Indice 1996, n. 9

Bruno Mondadori ha pubblicato in poco più di un anno una quindicina di volumi di storia, filosofia, scienze umane, letteratura e linguistica nella nuova collana tascabile "Testi e pretesti", rivolta soprattutto agli studenti universitari. Di prezzo molto contenuto, di buona veste grafica e di solida confezione che resiste a letture e riletture senza squinternarsi, i libri sono di tre tipi: introduzioni e guide alle varie discipline; saggi monografici; percorsi tematici attraverso testi di autori classici e contemporanei. Soffermiamoci su questo terzo settore attraverso due raccolte che hanno in comune un taglio di filosofia politica e collegano testi importanti ma poco noti al di fuori della cerchia degli specialisti.
Tagliapietra documenta una polemica del 1797 tra Constant e Kant sul rapporto tra morale e politica. Il trentenne Constant in "Sulle reazioni politiche", appoggiando il governo del Direttorio, difendeva una politica fondata sulla ragione contro i critici tradizionalisti della Rivoluzione francese, ma una ragione capace di articolarsi in "principi intermedi" che rendono possibile adattare gli enunciati primi universali alle circostanze concrete. In questo contesto affermava: "Il principio morale, per esempio, che dire la verità sia un dovere, se fosse preso in modo assoluto e isolato, renderebbe impossibile ogni tipo di società. Ne abbiamo la prova nelle conseguenze dirette che ha tratto, da questo primo principio, un filosofo tedesco, che arriva a sostenere che, persino davanti agli assassini che vi chiedessero se il vostro amico, che stanno inseguendo, si è rifugiato in casa vostra, la menzogna sarebbe un crimine". Concludeva che "nessun uomo ha diritto a una verità che nuoccia agli altri". Il vecchio Kant, punto sul vivo, replicò con lo scritto "Sul presunto diritto di mentire per amore dell'umanità", in cui difendeva la veridicità come dovere incondizionato che non comporta eccezioni che distruggerebbero l'universalità dei principi morali e giuridici.
Tagliapietra inserisce questo articolo nella raccolta dei principali passi che trattano della veridicità e della menzogna nelle altre opere di Kant, annota abbondantemente i testi di Constant e di Kant e premette una dotta introduzione di 129 pagine che, spaziando dal "Libro di Giobbe" a Derrida, interpreta il dialogo a distanza tra Kant e Constant come emblematico "dell'intreccio e dell'opposizione fra la politica della verità e la politica dell'amicizia", vede nella sovranità kantiana della legge "caratteristiche coercitive e totalitarie" e addirittura contrappone due tipi umani: "solitario, misogino e castamente omoerotico" Kant (ma altri studiosi hanno invece un Kant socievole e filosofo di mondo); gioviale, amante della compagnia e dell'altro sesso Constant. Completano il volume due ampie note biobibliografiche a cura delle traduttrici dei testi.
Roberto Esposito, proseguendo le ricerche svolte in "Categorie dell'impolitico"e in "Nove pensieri sulla politica" (Il Mulino, 1988 e 1993), raccoglie otto scritti di autori contemporanei - filosofi, teologi, letterati - tra cui un articolo del 1933 di Blanchot su marxismo e rivoluzione inedito in italiano, ordinati in una sorta di dizionario che rimanda ai concetti di Stato, Rivoluzione, Giustizia, Responsabilità, Libertà, Potere, Comunità e Guerra.
Esposito è convinto che oggi siamo incapaci di pensare veramente la politica, essendo colpiti da "una catastrofe concettuale e linguistica" che avrebbe le radici nel fatto che il pensiero politico moderno si è posto essenzialmente il problema dell'ordine e anche quando ha riconosciuto realisticamente l'ineluttabilità del conflitto e della violenza li ha respinti nell'ambito prepolitico (Hobbes) o li ha visti come una situazione transitoria verso una società armonica postpolitica (Marx).
Gli autori antologizzati sono chiamati a denunciare, per dirla con Weber, "che il mondo è governato da demoni e che chi si immischia nella politica, ossia si serve della potenza e della violenza, stringe un patto con potenze diaboliche"; per dirla con Barth, che "ogni politica [quella di Bismarck come quella di Wilson], in quanto lotta per il potere, in quanto arte diabolica per ottenere la maggioranza, è fondamentalmente sporca", anche se, finché vive l'uomo vecchio, abbiamo ancora dei doveri politici da adempiere; per dirla con Simone Weil, che "su questa terra non c'è altra forza che la forza" e anche "il diritto è per natura dipendente dalla forza"; o, per dirla col pensatore cecoslovacco Jan Patocka, che anche in pace viviamo la "guerra sotto l'aspetto della pacifica pianificazione della Forza".
Criticare il potere-violenza e il soggetto prometeico che ne è portatore (cioè praticare l'impolitico o l'oltrepolitico) può essere fatto in due modi: o attraverso la via ascetica, tesa autodistruttivamente verso un ideale di perfezione assoluta, come fece la Weil, o attraverso la via "estatica", dionisiaca, di Nietzsche-Bataille, che dalla "corrosione impietosa di ogni etica politica" e dalla "decostruzione di tutte le tradizionali bipartizioni ideologiche tra destra e sinistra" giunge, in un curioso testo batailliano del 1937, all'esaltazione della comunità senza capo, letteralmente acefala.
È vero che il suicidio collettivo degli abitanti di Numanzia per non sottomettersi ai romani addita una comunità impossibile fondata sulla morte, ma è una tesi di Esposito che la comunità deve esserci nella forma dell'impossibilità e della mancanza, non in forme grossolanamente leghiste. Chi non fosse incline n‚ alla via ascetica n‚ a quella dionisiaca può comunque trovare nell'antologia dei bei testi da leggere: un articolo di Hannah Arendt sulla responsabilità personale sotto la dittatura nazista; un dialogo tra Adorno e Canetti su masse e potere; insieme ad altri saggi eccentrici, inquietanti e storicamente significativi, tutti preceduti da eccellenti bibliografie.

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La recensione di IBS

La sincerità è un dovere incondizionato anche quando mette a repentaglio la vita di un amico? è ammissibile la menzogna nei confronti di chi non ha "diritto alla verità"? La politica deve sempre essere regolata sulla legalità, oppure vi possono essere delle fondate eccezioni in cui i principi giuridici risultano inapplicabili? Ai margini della Rivoluzione francese un giovane e brillante intellettuale e un grande maestro della filosofia europea si interrogano sui fondamenti filosofici del vivere comune.

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Conosci l'autore

Immanuel Kant

1724, Königsberg

Filosofo tedesco. Fu uno dei pensatori più influenti dell’epoca moderna. La sua opera più importante è Storia universale della natura e teoria del cielo (1755), nella quale avanzò l’ipotesi della formazione dell’universo da una nebulosa in moto rotatorio. Nella Fondazione della metafisica dei costumi (1785) e nella Critica della ragion pratica (1788) Kant delineò un sistema etico nel quale alla ragione è attribuita l’autorità suprema in campo morale.Particolare rilievo, sia come sintesi dell’estetica settecentesca sia come fondamentale e articolata premessa agli sviluppi dell’estetica romantica e idealista, ha la terza, grande opera di Kant, la Critica del giudizio (1790). L’esigenza di ritrovare una...

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