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Anno edizione: 1982
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Edizione Mondadori - I Meridiani Collezione n. 67 (pubblicazione edicola ) - VOLUME PRIMO -NOVEMBRE 2006 - in COPERTINA SEMIRIGIDA rivestita di acetato - all'interno del suo CARTONE EDITORIALE MORBIDO e illustrato. Cartone con lievi aloni causati dalla polvere in particolare sul lato superiore ma integro e ben conservato. Volume all'interno con acetato integro, copertina integra e pagine in ottime condizioni. Disponibilità immediata e spedizione con corriere tracciata. . 1381 Ottimo (Fine) Edizione Mondadori - I Meridiani Collezione n. 67 (pubblicazione edicola ) - VOLUME PRIMO -NOVEMBRE 2006 - in COPERTINA SEMIRIGIDA rivestita di acetato - all'interno del suo CARTONE EDITORIALE MORBIDO e illustrato. Cartone con lievi aloni causati dalla po
Le traduzioni giovanili
La scrittura di D'Annunzio, se la vogliamo affrontare, non sopporta una definizione unilineare, piuttosto incomincia a rivelare qualche ragione del suo esserci nel rilievo di un ritmo. Se la assaggiamo nelle prove giovanili come in quelle mature, e anche degli anni più tardi, nella poesia, o anche in quella prosa che appare sempre come una dilatazione, qualche volta una diluizione, in rari casi un equivalente della poesia, essa figura inquieta e complessa nella sua organizzazione, ricca di improvvisazioni e di invenzioni che talora riesce difficile mettere in relazione tra loro, pronta a lasciarsi trasformare continuamente secondo suggestioni diversissime; ma, nello stesso tempo, anche un poco impettita in una tensione contorta verso il sublime con un distacco senza ironia che allontana il diretto trattamento della cosa e che avvolge tutte le scoperte visive, sonore, tattili dell'immaginazione analogica e tutte le inquietudini in una rete ferma di orotundity, per una eredità evidentemente mai rifiutata della esperienza, dei buoni studi giovanili di una lettura della tradizione vissuta, come era uso nelle scuole del tempo, secondo un modello rigido e assoluto di classicità in se stessa perfetta e chiusa. Una tensione continua tra una parola che vuole continuamente rinnovare se stessa in una apertura avida di meraviglie sempre imprevedibili, e certe resistenze remote di illustri e severi tramandi che mirano come a frenarla, o a fermarla - questo è il ritmo che, sembra, attraversa tutti i tempi dell'opera di D'Annunzio, e come la inquieta. D'Annunzio cominciò, tra l'altro, come studente traduttore dai classici. I suoi esercizi furono un poco astratti, non senza qualche sospetto di scorrettezza, e dànno il suono di una pronunzia un poco forzata come accade appunto talora in questi studi molto giovanili. E, tuttavia, in essi si cela forse qualche originario segreto di una officina che non ha mancato mai di dare a se stessa un alto prestigio, ma anche qualche piccola apertura per trovare alcuni aspetti determinabili di un enigma la cui intenzione verso il sorprendente è una maschera tutt'altro che leggera. Il poeta ci mette egli stesso sulla strada. Mostra una certa consapevolezza della situazione in cui si trova. Così se riprendiamo tra le mani le prove di traduzione che apparvero in Primo vere, e che D'Annunzio intitolò, dapprima, con termine illustre, Imitazioni, e poi presto con indicazione più consona a certi propositi che premevano ancora latenti all'interno dei testi Tradimenti, forse troviamo qualche cosa che ci porta molto al di là dei puri rilievi sulla condizione di ricerca in cui si trovava il poeta giovane. Imitazioni-Tradimenti: la variazione del titolo ha un suo significato, e sembra suggerire l'idea consapevole che il centro dell'attenzione si sposta dall'ossequio verso un Modello Alto Irraggiungibile e Immobile al fervore del lavoro del traduttore che vuole diventare, che vuole essere egli stesso poeta. L'attenzione a se stesso nel progetto di un'opera da fare, la poesia antica come suggestione per una poesia nuova; ma la memoria dell'idea di imitazione non si perde in quella di tradimento, una certa forza coesiva resta a quel fermo modello.
(Dall'Introduzione di Luciano Anceschi)
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