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Recensione di Carvelli, S., in "Sincronie" (Rivista semestrale di letterature, teatro e sistemi di pensiero), VIII (2004), n.14. --- Forza. Abbandono. Vizio. Libertà. Eros e Thanatos le due anime che si rincorrono all’interno degli approdi artistici di Pier Paolo Pasolini, amore e morte insieme, talvolta in contemporanea, come accade soltanto nelle più apprezzabili manifestazioni artistiche. La produzione dell’autore friulano occupa ancora oggi il piano nobile nel monumentale edificio della letteratura italiana del Novecento. Eppure il complesso ed elaborato lavoro di Giona Tuccini mostra come l’indagine critica abbia ancora necessità di sciogliere qualche nodo gordiano, puntualizzando concetti e mettendo a fuoco immagini che costellano il vissuto artistico del letterato. Ne "Il vespasiano e l’abito da sposa" lo scandaglio dell’opera pasoliniana è quasi chirurgico - sono sondate le esperienze poetiche, narrative, saggistiche, teatrali, cinematografiche -, nulla è lasciato aperto ad interpretazioni: è come se lo studioso tentasse di rimettere insieme i fili di un vissuto pubblico e privato dell’uomo, ordinandoli non in parallelo ma su un unico binario che è percorso senza sosta fino al capolinea. Ciò che al termine del lavoro critico si configura non è tuttavia un cammino che ha condotto ad un approdo ultimo, distante dal suo punto di partenza, ma un imprevisto tragitto circolare: il particolare si specchia nel generale, Pasolini è spiegato con Pasolini. Di apprezzabile suggestione è senz’altro la sofisticata scelta del titolo da parte di Tuccini: il vespasiano, l’orinatoio, è locus topico dell’esperienza artistica pasoliniana a partire da "Alì dagli occhi azzurri", immagine simbolica di una complessa forma di intellettuale perdizione in cui il sesso è strumento oggettivo che si correla ad una idea di corruzione socio-culturale, è spazio dove si compie un rito del tutto maschile. Gli fa da contraltare l’evocazione dell’abito da sposa, emblema della coppia eterosessuale che dà corpo al tragico trionfo del conform
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